Un primo quarto da 32 punti segnati (contro i 21 di Trento) sembrava aver da subito indirizzato la partita dalla parte dell’Olimpia con uno Shields luccicante. Poi però l’EA7 è tornata a rivivere gli incubi di una stagione con troppe contraddizioni, regalando a Trento la consapevolezza di poter tornare in partita e – perché no – provare anche a vincerla. Cosa che è successa e con pieno merito per la squadra di Paolo Galbiati.
L'analisi parte dal presupposto che, se anche il tiro di Baldwin fosse finito sul ferro e non in fondo alla retina, sarebbe cambiata solo nella sua forma, ma non nella sostanza. L'Olimpia ha messo in mostra vecchi e nuovi difetti, accentuati dall'inattesa sconfitta con la Dolomiti Energia. Cosa non ha funzionato nell'EA7 che domani in gara 2 non potrà più sbagliare?
MIROTIC – Contro una squadra che ha un reparto lunghi piuttosto… corto per via degli infortuni, “costretta” a schierare Davide Alviti da ala forte e con alternativa Daulton Hommes che debuttava con l’Aquila dopo mesi di inattività, la domanda è: perché Nikola Mirotic - attaccante come pochi in Europa - è stato cercato così poco in situazioni di post basso che l’avrebbero visto evidentemente dominante contro gli avversari? Per la cronaca il montenegrino ha tirato appena 5 volte, due da 2 e tre da 3, segnando 13 punti frutto soprattutto dell’8/8 dalla lunetta.
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MELLI E I LUNGHI – Un fattore importante, se non fondamentale, del blitz di Trento è stata la prova di Derek Cooke. Incontenibile per la difesa di Milano che gli ha lasciato troppo spesso spazio per inchiodare a canestro con un 10/11 che, oltre a rendere merito alla costruzione offensiva di Galbiati, pesa sulla coscienza dei lunghi di Messina. Incapaci di arginare l’atletismo di un giocatore che nella regular season aveva segnato 5.7 punti di media, andando in doppia cifra appena 5 volte con un high di 11 punti. Ieri ne ha segnati 21. "Penso che Melli e Hines siano sufficienti sotto. E se non lo sono contro Cooke allora abbiamo un problema": testo e musica di Ettore Messina.
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NERVOSISMO – Anche contro Trento si è vista una squadra troppo nervosa, film già andato in onda più volte in stagione. Un paio di episodi successi ieri: Napier che rifiuta il saluto di Shields durante un cambio e Hines che si rivolge alla panchina lamentandosi platealmente. Episodi "di campo", probabilmente, che però hanno inevitabilmente una diversa eco quando le cose girano male. Tra i giocatori dell’Olimpia e magari tra gli stessi e lo staff tecnico non si è creata una chimica eccezionale? Fare illazioni senza prove sarebbe poco serio. Ma, se anche fosse, in questo momento della stagione la voglia di vincere dovrebbe avere la precedenza su incomprensioni o malcontenti vari.
BARON – Il clamoroso ritorno a sorpresa della guardia americana è stato accolto da un boato da brividi al suo ingresso in campo e ancor più dopo la sua tripla segnata al primo tentativo. Certo è che puntare su un giocatore che in stagione prima di ieri aveva messo insieme 47 minuti in Eurolega e 8 minuti in LBA – e un paio di interventi al gomito – rappresenta un grande rebus. Oltre a sconfessare l’ingaggio di Denzel Valentine (minuti totali in stagione: 32), arrivato a sua volta al posto di Rodney McGruder (127 minuti), proprio per prendere il posto di Baron. E a ridurre la resistenza da opporre agli avversari nel pitturato a Melli e al 37enne Hines, con Voigtmann e Poythress seduti tra il pubblico a guardare. Un bel rischio, capiremo presto se calcolato e portatore di dividendi.
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