Il panorama sulla città di Lecco (e molto oltre ancora) ormai completo? La circolazione d’aria più sostenuta? La temperatura più frizzante? Niente di tutto questo! A suggerirmi inequivocabilmente che siamo ormai a pochi passi dal GPM della ResegUp sulla vetta che dà il nome alla gara - il Resegone of course (di… corsa, si magari!) - è il terreno sotto i piedi che, mentre arranco sbuffando con lo sguardo basso - da roccia irregolare passa a… regolari gradini di cemento, anzi gradoni! Non tanti, forse una ventina, ma sono quelli che portano alla terrazza sulla quale - più rosso di sempre ma meno della mia faccia adesso - sorge il Rifugio Azzoni, pochi metri sotto quota 1875: la vetta del Resegone stesso, il “Re”, come gli si rivolgono più o meno tutti da queste parti. Da qui è tutta discesa o quasi ma a me - per fortuna solo sulla tastiera - tocca tornare giù, a Piazza Garibaldi, epicentro della tredicesima edizione della ResegUp, la corsa più amata dai lecchesi che la corrono a centinaia ma la seguono e soprattutto tifano in migliaia. I conti sono presto fatti ed è tutta una moltiplicazione: milleduecento atleti al via, quattrocento volontari a prendersene cura: uno ogni tre skyrunners. Ma poi, così a occhio, migliaia di lecchesi (almeno tre ogni atleta, ancora una volta) a fare un tifo indiavolato nei passaggi chiave di un itinerario ufficialmente da 24 chilometri e 1800 metri dislivello ma che il mio dispositivo e soprattutto i miei muscoli e i miei polmoni hanno rimisurato in venticinque chilometri e mezzo e 2190 metri di salita, missione ad anello (meglio: corona) intorno al "Re" che ho completato in quattro ore e cinquanta minuti: un’ora in più della mia “best performance” del 2018, allora alla prima delle mie quattro ResegUp. Risultato molto modesto ma di piena soddisfazione personale, visto che due giorni dopo quello di Lecco ho tagliato il traguardo (suona meglio però il… cancello orario) dei sessant’anni!
Il segnale di partenza è fissato per le quattordici e trenta ma raggiungo Lecco per tempo, già a metà mattina, con l’obiettivo di entrare gradualmente in clima gara: racing mood! Quattro chiacchiere per un giro d’orizzonte sul panorama outdoor con l’amico Maurizio Torri (che la sa più lunga di tutti), poi ritiro le Ande Thunder del pacco-gara (che alcune decina di concorrenti monteranno "out of he box", direttamente al via!) nella sala conferenze di ConfCommercio, a pochi passi dal gabbione di partenza. Non senza rendermi conto che proprio lì, nell'ex palazzo della Banca d'Italia, ormai qualche anno fa avevo moderato la mia prima serata a tema outdoor con Francesca Canepa, nell’ambito di Lecco Mountain Festival.
Poi mi dedico al mio tradizionale pranzo pre-ResegUp che (lo so, non è l’ideale) prevede un hamburger bello grosso con tante patatine fritte intorno, da gustare rigorosamente sul lungolago. Mi autoassolvo senza il benché minimo senso di colpa con un altrettanto ricorrente “Tanto non devo mica vincere”.
Sotto un cielo azzurro ma già screziato in distante da qualche nuvolone foriere di possibili temporali (saranno mica profetiche, le “Thunder”?) e un clima tendente al caldissimo, pochi minuti dopo il segnale orario delle quattordici e trenta scattiamo in avanti per due o tre vasche (di sudore, che brutta immagine) prima nel centro storico di Lecco, poi su dritto per dritto verso la montagna, virando in direzione est e i quartieri alti della città. Acquate, Malnago e Versasio (in ordine-non-ordine random, per non sbagliare).
Sto già arrancando ma Elisa (che nemmeno vedo - scusa - e nemmeno sento, il tifo a bordo strada è assordante) mi dirà di avermi trovato pimpante e concentrato. Sarà… Per fortuna non mi ha visto “masarato” nei chilometri successivi! Approfitto senza ritegno dei primi ristori altolecchesi, della vasca di un lavatoio e delle docce offerte dal pubblico. Poi mi fermo proprio al cospetto di una tinozza piena rasa d’acqua fresca che una signora molto opportunamente rinnova di continuo con una canna, alla quale mi attacco avidamente. Poi via, oltre l’asfalto, sul temibile selciato e poi su strada bianca e finalmente sentiero, diretti alla prima torcida: quella della località Costa. Tifo da pelle d’oca e battiti live: lì e poi poco sopra allo snodo del Rifugio Stoppani, subito a monte del quale ci si inoltra nel folto del bosco, lungo il ripido Sentiero della Sponda. Io lo chiamo con citazione cinematografica la Foresta Amara.
Proprio in prossimità del suo sbocco verso l’alto, sfiliamo una ragazza stesa a terra con il viso paonazzo e lo sguardo fisso nel vuoto da sotto la coperta d’emergenza. Mi confermeranno poco dopo che si tratta di Francesca Rusconi, vincitrice della ResegUp lo scorso anno. I soccorritori l’hanno già stabilizzata e pochi minuti dopo il mio passaggio - ormai sopra la vegetazione d’alto fusto - vedrò l’eliambulanza in sospensione a mezz’aria alla ricerca del punto e il momento giusto per prelevare Francesca, che poche ore dopo via social rassicurerà tutti sulle sue condizioni e sulla sua voglia di tornare presto. In bocca al lupo!
In direzione Alpi il cielo continua ad addensarsi di nuvole poco che non promettono nulla di buono. Usciamo allo scoperto, smarchiamo il ristoro di Pian del Fieno (metri 1167, controllo orario di passaggio) e iniziamo a svoltare a semicerchio verso il settore più “sky” della gara, all’ombra della cresta che scende verso Lecco e ci indica la via per il Rifugio Azzoni.
Siamo davvero in tanti e un gruppone da mille e passa effettivi non si sgrana mai davvero, tanto che in qualche passaggio obbligato su roccette tocca mettersi pazientemente in coda. Non che ci si metta le mani nei capelli! Qualcuno la butta sul ridere con un: “Accidenti, siamo fermi, non ci voleva proprio questo ingorgo!” che sottointende il… sollievo per la preziosa opportunità di tirare il fiato.
Rush hour sotto il Resegone, insomma: sulle roccette stesse capita di afferrare un appiglio mettendo la mano proprio dove quello che ti precede ha appena pensato di piazzare il suo piede! La paretina finale è annunciata dal solito personaggio (la ResegUp non è più stata la stessa dopo il suo avvento e ormai non sarebbe la ResegUp senza di lui) che di edizione in edizione rinnova il suo guardaroba e ne tira fuori il capo più adatto alla bisogna. Lo ricordo in versione Mefistofele, Arcangelo Gabriele e oggi Abate Stoppani! Sì, proprio lui: il religioso, scienziato e patriota lecchese del diciannovesimo secolo. Ci benedice e ci indica la via verso l’alto e la salvezza: il Rifugio Azzoni, insomma.
E rieccoci all’incipit di questi appunti di viaggio: la ruvida roccia che si trasforma in cemento sotto forma di gradini regolari che impattiamo secondo i ruoli di una... scala sociale assolutamente meritocratica, fiancheggiati dalla torcida che urla, stringe e spinge. Uno mi tira un braccio e per troppa generosità quasi me lo stacca, un altro mi perfora il timpano strillandomi nell’orecchio: “Siete degli animaliiiii!!!”
Sbarco sul piazzale del rifugio, mando giù spensieratamente una sorsata di una sostanza sconosciuta ma piacevolmente fresca, poi copro gli ultimi metri verso la selletta sulla cresta che divide Lecco dalla Bergamasca (Valle Imagna) e mi fiondo giù di corsa dalla felicità!
L’itinerario per il rientro sul versante lecchese passa prima lungo una traccia sassosa e di piuttosto libera interpretazione che punta verso il basso, poi per un traverso dove si corre incolonnati in modalità singletrack, il che non è male perché obbliga a fare il proprio dovere (vale a dire correre) per non essere di intralcio a chi segue, mettendoti sotto pressione come tu fai con chi ti precede. All’altezza della remota e in un certo senso bucolica radura di Forbesette sembra di essere lontanissimi da Lecco, anche se mi dicono che la località di Morterone (sul versante opposto e… giusto, pensando alla rotta di gara) non è lontana: infatti gli organizzatori di ASD 2Slow vi piazzano storicamente un punto di ristoro. Ragioni di carattere logistico ma non solo: qui infatti sgorga molto… opportunamente una freschissima sorgente. Per rientrare nel Lecchese tocca togliere una o due marce lungo il sentiero che tende a salire dentro una foresta di faggi che fa tanto Signore degli Anelli. Poi appare l’intaglio roccioso del Passo del Giuff (quota 1531) e possiamo ben dire che - fatta eccezion per una innocua rampetta per raggiungere il successivo punto di rifornimento dei Piani d’Erna (balcone panoramico a 1300 metri di quota sui tetti di Lecco e sul sottostante ramo orientale del Lario) - da qui al traguardo è tutta discesa. Sono come al solito nelle retrovie ma la verve non mi manca, sto correndo senza interruzione da una quarantina di minuti e sono ben deciso a farlo fino all’arrivo: terrò fede alle intenzioni, riuscendo anche a giocarmela bene con una decina di colleghi che - uno dopo l’altro - prima sfrutto come gancio e poi infilo. Nulla di cui vantarsi in giro, s’intende, se non con me stesso, in sede di bilancio personale.
Saluto con un largo sorriso la chiusura dell’anello al Rifugio Stoppani: da qui all’arrivo si ripete quasi fedelmente l’itinerario di salita, con la sola differenza che tutto intorno non resta traccia del sabba di voci e suoni di qualche ora fa. Solo la loro eco lontana: urla dal silenzio, per così dire, ancora alla maniera del cinema. Tuona in lontananza… sulle vicine Alpi. Si viaggia con il fresco ma all’asciutto: grazie all’aria fresca che scende lungo il lago ma senza essere raggiunti dalla pioggia. È il vantaggio di noi amatori dal passo lento: fatte le dovute proporzioni, i primi hanno fatto tutta la gara con il caldo! Rimesso piede sull’asfalto, tocchiamo nuovamente uno dei primi ristori della mattinata, ora però passato dal format salutista a quello alcoolico: rimpiango di non aver rallentato il passo per tracannare una birretta. Penso che mi avrebbe dato un bel surplus di potenza, anche solo per qualche minuto. Attraverso qualche vicolo che curiosamente mi ricorda i carruggi (non so mai bene come scriverlo) dei miei amati trail invernali in Liguria (e non ho nemmeno assunto la birra di cui sopra!), poi cerco di prendere il passo giusto per assecondare i gradini della mulattiera selciata che punta verso il basso. Ecco, qui la birra avrebbe prodotto qualche svirgolata potenzialmente molesta!
Imbocco a destra il vialetto di ghiaia del Giardino Belgiojoso dove un bimbo mi offre un bicchiere d’acqua che non prendo (ma gli sorrido riconoscente), poi giù verso via San Nicolò e la strettoia gradinata di Vicolo Canonica che sbocca su Piazza Cermenati, un tempo sede del traguardo. Rilancio l’azione (con un occhio a eventuali colleghi pronti all’imboscata finale) assecondo la traiettoria curvilinea di Lungolago Isonzo (sghemba, come ormai il mio passo "a las siete y media de la tarde) e la svolta a sinistra tra il tifo del pubblico che si mischia allo struscio del sabato sera all’altezza di Largo Europa, in direzione di Via Nazario Sauro. Poi solo più il green carpet di Piazza Garibaldi, la fine dello… stradario urbano di questo paragrafo e una molto opportuna seggiola per abbandonarmici sopra a riprendere fiato. È di dura plastica, a me fa l’effetto di una poltrona di prima classe, anzi top. Cotto e arrivato: quattro volte al via "su questi schermi", altrettante al traguardo da finisher, anche se oggi con un'ora di ritardo rispetto alla miglior (e più giovane) versione di mese stesso nella mia ResegUp d'esordio. Correva (beato lui) l'anno 2018.
Una ventina di minuti più tardi, percorsi a ritroso gli ultimi cinquecento metri di gara applaudendo chi sta chiudendo ora la sua gara, sono all’oratorio di San Luigi (a fianco della basilica di San Nicolò), nel cui piazzale è stato allestito il pasta party. Raggiungo il tendone e mi siedo su una panca: davanti ho un piattone di penne al pomodoro, una bella birra (adesso sì) e sul palco cantano e suonano le Errata Corrige, una rock band interamente femminile formata da quattro ragazze "barely" maggiorenni. Resto lì una mezz’ora e tra una forchettata e una sorsata penso: lo sport o la musica, oppure le due cose insieme: va bene uguale, non si sbaglia. Mi avvicino al palco, scatto qualche foto con lo smartphone. Le applaudo un’ultima volta, poi decido di abbandonare il campo e mi avvio verso la macchina e casa. Non serve neanche impostare il navigatore: questa è la strada giusta!