Il quarto posto di Tokyo 2020 brucia ancora nel petto di Simone Alessio. Il 20enne di Sellia Marina si è fermato a un passo da quella medaglia che manca in un palmarés pieno di trofei fra i quali spiccano due titoli mondiali, uno europeo e tre successi nel World Taekwondo Grand Prix. Un curriculum che consente al calabrese delle Fiamme Rosse di risultare uno dei favoriti per la conquista dell'alloro alle Olimpiadi Estive di Parigi 2024, ma soprattutto uno degli atleti più attesi della spedizione tricolore.
A Parigi si è qualificato come numero uno del ranking complice anche la vittoria del suo secondo titolo mondiale. Non sente la pressione legata ai favori del pronostico?
No, perché ho affrontato numerose gare da numero 1. Chiaramente le Olimpiadi sono la gara più importante e la più vista, ma la pressione è la stessa delle altre competizioni. La vittoria e la sconfitta sono uguali dovunque e questo mi consente di sentire un po' meno la pressione e usarla nel modo corretto.
Lei ha vinto l’oro iridato prima nel 2019 nella categoria 74 chilogrammi e nel 2023 negli 80. Come è arrivato questo cambio e soprattutto com’è cambiato il suo modo di combattere?
Partecipare alle gare nella 74 chilogrammi non era troppo complicato perché, partendo da 78, riuscivo a raggiungere il peso richiesto in una settimana/dieci giorni. Il combattimento era meno fisico perché ero il più grosso della categoria, motivo per cui avevo un grande controllo nel corpo a corpo. Salendo a 80 chilogrammi ho trovato avversari decisamente più strutturati, motivo per cui ho dovuto cambiare completamente modo di combattere visto che punto non più soltanto sul fisico, ma anche sulla tattica.
Guardando il suo percorso dopo Tokyo 2021 è stato pressoché intonso, imponendosi agli sia agli Europei che ai Mondiali oltre ai successi ottenuti al Grand Prix. Com’è riuscito a rimanere sempre sulla cresta dell’onda?
Non è stato così difficile, soprattutto nel 2022, perché bruciava la sconfitta di Tokyo e quindi ogni vittoria non mi sembrava bastasse. Vincevo e mettevo da parte, motivo per cui tutto quello che ho ottenuto era frutto dell'insuccesso olimpico. Nel 2023 ho vinto a maggio, ma poi nella seconda metà dell'anno non sono riuscito sempre a impormi, però sono state delle situazioni che mi hanno consentito di ricaricarmi e migliorare rispetto a quanto sbagliassi. Nonostante ciò, i risultati sono arrivati abbastanza facilmente, tutto perché ero consapevole di non esser arrivato sino in fondo.
Quindi il quarto posto di Tokyo l'ha spinta a fare il salto di qualità?
Assolutamente sì, perché mi ha consegnato tutta la rabbia per vincere. Uscito dalle Olimpiadi, non c'era quasi più nulla, perché non c'è nulla di più importante. Avendo già subito una sconfitta olimpica, le pressioni sulle restanti competizioni erano decisamente inferiori e questo mi ha permesso di prendere tutto più alla leggera. Il quarto posto di Tokyo è stato quindi centrale per la mia recente carriera.
Insieme a Vito Dell’Aquila rappresentate il faro del taekwondo italiano. Nonostante gareggiate in categorie diverse, le prestazioni dell’uno aiutano a spronare l’altro a far meglio?
Io e Vito siamo come Cristiano Ronaldo e Lionel Messi. Siamo due mondi diversi che convivono ormai questo palco da oltre dieci anni. Ognuno spinge l'altro visto che siamo persone differenti e considerato che, se uno ottiene determinati risultati o in allenamento spinge di più, l'altro si carica per raggiungere il medesimo obiettivo. È un equilibrio perfetto tra stima reciproca e agonismo.
Il taekwondo è uno sport che richiede grande concentrazione, soprattutto quando sul tatami ci sono alcuni momenti di “studio”. Come allenate questo aspetto?
Se non manteniamo la concentrazione, o vai al tappeto, o rischi anche di peggio. Quando c'è in gioco la tua integrità fisica, a quel punto la concentrazione arriva. Il combattimento dura sei minuti, quindi ci alleniamo a mantenere alta la concentrazione in quel lasso di tempo, pensando soprattutto a quanto fa l'avversario. Con gli anni sembra quasi una cosa scontata, ma, fra la paura di prendere un calcio e quella di contrattaccare o attaccare in modo diverso, la concentrazione rimane sempre alta.
Alla luce di quanto successo a Tokyo, come sta preparando l’appuntamento a cinque cerchi?
In tranquillità. Lavorando con lo psicologo stiamo puntando su quello, anche perché la testa può fare brutti scherzi. La voglia di rivalsa può portare a confusione o pensare di non aver mai fatto abbastanza. Tanti ostacoli si possono porre davanti, quindi è fondamentale la tranquillità. Tutto quello che sto facendo, lo sto facendo bene e quindi sono contento di come stia andando la preparazione. Sto cercando di arrivare preparato per superare i vari ostacoli che mi separano da qui a Parigi insieme alla determinazione che di certo non manca.
Cosa si aspetta da questa rassegna considerato che non ci saranno più le restrizioni legate al Coronavirus?
Sarà come vivere una prima Olimpiade perché a Tokyo è stato molto particolare. Io e Vito abbiamo soltanto sentito parlare di un clima diverso da quello giapponese, motivo per cui sarà tutto nuovo, anche se con meno voglia di scoprire. Ci sarà un bellissimo contorno, ma bisognerà puntare sulla gara per evitare anche distrazioni che noi non ci possiamo permettere, soprattutto giocandoci tutto in una giornata.
In conclusione, come sarà il futuro di Simone Alessio considerato i numerosi successi ottenuti sinora?
Al futuro non penso, però mi tengo aperto tutte le strade. Spero di finire la carriera dopo le Olimpiadi di Los Angeles 2028, motivo per cui avrò di fronte a me un altro quadriennio. Penso che salirò nella categoria dei pesi massimi però continuerò a combattere per altri quattro anni prima di mettermi a disposizione.