"Da giocatore lacchè della società, da disoccupato sei un rinnegato! E nella vita Marchisio uomo di m...". Questo lo striscione apparso fuori da un ristorante di Torino, di cui l’ex centrocampista bianconero è socio. La firma è quella dei "Drughi", una delle sezioni del tifo juventino. Il motivo della rabbia nei confronti di una delle recenti bandiere del club è legata a un'affermazione che proprio non riesce ad andare giù a una parte della tifoseria.
Partecipando a un podcast, riferendosi al tifo juventino, Marchisio ha detto: "Abbiamo un cuore grande ma non caloroso come quello di Roma. Il derby è acceso soprattutto grazie alla tifoseria del Torino. Sono loro l’anima della sfida. Mentre i sostenitori della Juventus sono sparsi un po’ ovunque". Sono bastate queste frasi per scatenare la rabbia nei suoi confronti.
Lo striscione non è andato giù all'ex centrocampista che, affidandosi a un post su Instagram, ha dichiarato: "Ho citato una statistica sul tifo in alcune città italiane durante un podcast e, questa mattina, mi sono svegliato con il cellulare intasato dalla foto che vedete. Mi rivolgo quindi a voi quattro, con il volto coperto, che con orgoglio mostrate questo striscione. È evidente che ognuno è libero di avere il proprio pensiero e che, nei limiti della decenza, abbia il diritto di condividerlo. Quello che però proprio non sopporto è che certe persone pensano che essere 'tifosi' dia loro il diritto di compiere gesti che vanno oltre i limiti. Perché pensate di avere il diritto di appendere quello striscione fuori da un ristorante di cui, tra l’altro, non sono unico socio? Perché pensate che i ragazzi che lavorano al ristorante debbano perdere del loro tempo prezioso rimuovendolo? Perché pensate che le attività vicine debbano essere turbate da questo gesto, così come i loro clienti? Perché nel calcio è sempre tutto ammesso? Perché non esiste mai un confine? E ripeto, non mi dà neanche fastidio il contenuto dello striscione, ma il gesto di averlo appeso fuori dal ristorante. Non sapete niente. Non avete idea dei sacrifici miei e della mia famiglia, dei chilometri percorsi per allenarmi da bambino e da ragazzo nei campi più sperduti della provincia. Dell’adolescenza mai vissuta, delle amicizie perse perché non c’ero mai. Non avete idea del tempo sottratto a mia moglie e ai miei figli, che non recupererò mai più. Non avete idea della sofferenza per gli infortuni avuti per non essermi mai risparmiato un solo giorno. Del coraggio di farsi da parte quando era il momento di mettere davanti la squadra ai miei interessi personali. Ma non avete neanche idea di quanto sia stato bellissimo vivere questa vita insieme ai tantissimi tifosi che hanno colorato la mia vita. Tifosi, loro sì, voi no! Citando uno striscione decisamente più romantico di questo: 'Son tutti juventini, ma Marchisio lo è un po’ di più'".
LA DIGOS INDAGA PER LO STRISCIONE CONTRO MARCHISIO
La Digos della Questura di Torino sta indagando sullo striscione dei Drughi Bianconeri, firmato 'Secondo Anello', apparso prima fuori dall'Allianz Stadium e poi fuori da un ristorante di cui l'ex centrocampista della Juventus Claudio Marchisio è socio. Lo si apprende da fonti autorevoli. Le foto del blitz, nato dopo alcune affermazioni di Marchisio contestate dai tifosi, erano apparse sul profilo social dello storico gruppo ultras bianconero. I Drughi Bianconeri, nati alla fine degli anni Ottanta dalle ceneri dei Fighters, prima con il nome 'Arancia Meccanica', erano già finiti dentro l'inchiesta della digos del capoluogo piemontese coordinata dalla procura, 'Last Banner' sulle presunte pressioni esercitate dagli ultras bianconeri nei confronti della società durante la stagione 2018-19. Lo scorso aprile la Corte di Appello di Torino aveva aumentato le condanne per cinque esponenti della tifoseria organizzata, riconoscendo l'associazione a delinquere. Tra i condannati c’è il leader indiscusso dei Drughi, Gerardo Mocciola, detto 'Dino', condannato a otto anni di carcere, a fronte dei quattro anni e dieci mesi inflitti in primo grado.