Non doveva essere un giocatore da NBA, ma nemmeno di pallacanestro. Se Leandro Bolmaro avesse seguito gli istinti adolescenziali e i consigli del padre Osvaldo, l'argentino sarebbe diventato sì un campione, ma di atletica.
Nel 2014 vincitore del campionato argentino Under 14 di hexatlon (disciplina combinata: 75 metri ostacoli, salto in lungo, lancio del giavellotto, salto in alto, lancio del martello, 800 metri), 5° nei Giochi Sudamericani e convocato per il Mondiale Under 17 di Saragozza 2016, Bolmaro inizia ad allenarsi in una squadra di basket relativamente tardi. Non perché non conoscesse lo sport, anzi: le prime palle a spicchi hanno rimbalzato nel giardino della casa natìa di Talleres sin dalla nascita, dato che il padre era allenatore di una selezione locale. Proprio la frustrazione che Osvaldo vedeva negli occhi dei suoi ragazzi durante gli allenamenti, però, ha sempre consigliato al padre di non indicare quella, al figlio, come via maestra per l'attività sportiva del figlio.
E allora atletica, come la sorella maggiore Camilla (6 anni più grande), specialista dei 400 metri. Il corpo di Leandro, però, sembra costruito in laboratorio per giocare a pallacanestro: leve lunghe, sia gambe che soprattutto braccia; mobilità delle anche e delle spalle; una capacità aerobica, quella sicuramente affinata negli anni sugli anelli in pista, fuori dal comune. Sono Daniel Farabello e Sebastian Uranga, ex giocatori della Seleccion albiceleste, a notarlo per la prima volta e convincere, prima Osvaldo che Leandro, a far parte del settore giovanile del Club Almafuerte de Las Varillas, a due passi da casa. Da lì l'innamoramento di Leandro e la scomparsa dei dubbi di Osvaldo: Bolmaro è nato per giocare a pallacanestro.
La scalata è estremamente rapida: dopo l'esplosione nell'esperienza biennale a Las Varillas subito la chiamata di Pepe Sanchez al Bahia Basket; un anno sotto l'ala protettrice dell'ex campione olimpico Fabricio Oberto e poi lo sbarco in Europa. Dalla Masia di Barcellona al triennale firmato con Milano il percorso è ormai noto: un triennio in blaugrana, un biennio scarso a fare spola tra NBA (Minnesota e Utah) e le relative affiliate in G League (Iowa Wolves e Salt Lake City Stars, dove ha incrociato il nuovo acquisto di Tortona Christian Vital), il rientro a stagione in corso in Spagna con la Final 4 della BCL 2023 in maglia Tenerife (sconfitta in semifinale con l'Hapoel Gerusalemme) e il ritorno in Eurolega, convinto dalla corte di coach Pablo Laso, col Bayern Monaco 2023/24.
Che l'Italia fosse nel destino di Leandro si poteva intuire sin da subito, grazie alla cittadinanza acquisita per le lontane origini della famiglia. Che lo fosse anche l'Olimpia, forse, lo si era percepito già nel settembre 2019: all'esordio stagionale in ACB, il Barcellona di Svetislav Pesic deve fare a meno dell'infortunato Kevin Pangos e Malcom Delaney è arrivato da pochi giorni in Catalogna. Nikola Mirotic è una delle poche stelle a disposizione del Barça per l'esordio in Liga contro l'Obradoiro. Proprio l'attuale stella dell'Olimpia è il primo a salutare l'ingresso in campo dell'esordiente Leandro, dandogli il benvenuto nel basket dei grandi e dando il via a una relazione quasi fraterna, col maggiore ispanomontenegrino a supportare e proteggere il minore argentino.
A differenza di Nenad Dimitrijevic, i social di Leandro Bolmaro non aggiungono particolari sfumature all'immagine che si ha conoscendo il cestista professionista. Su X si limita a repostare qualche risultato importante del Talleres in Copa Libertadores; la pagina Facebook, che come prima foto presenta un Kobe Bryant in maglia #8 che attacca in palleggio, non è più aggiornata dal maggio 2017; su Instagram, eccetto le foto di rito per celebrare i campionati vinti o i video di highlights montati dalle proprie squadre, qualche foto al tramonto e poco più. Il miglior modo per far parlare di sé sul parquet, e reinsediare la colonia argentina della storia dell'Olimpia Milano, inaugurata da Luis Scola, sotto i migliori auspici.