8 italiani, un argentino (e un secondo in arrivo), un bosniaco, tre croati, un americano e un greco. Non è l'inizio di una barzelletta, ma la composizione per nazionalità degli head coach della prossima LBA. Mai, nella storia della pallacanestro italiana, la presenza autoctona raggiungeva a stento il 50%, avvalendosi anche di un naturalizzato come Dante Calabria, nato a Pottstown ma con chiare origini tricolori.
Non si vuol fare di tutta l'erba un fascio, ma solo fotografare una contingenza storica. Anche perché alcuni dei coach stranieri lo sono all'anagrafe e di lingua madre, ma non lo sono affatto per formazione o cultura cestistica: Marcelo Nicola ha trascorso 7 stagioni da giocatore e, tra ruoli da assistente e capo allenatore, a Scafati sarà alla sesta da coach; Jasmin Repesa guiderà Trapani dopo le 12 annate tra Fortitudo, Virtus Roma, Treviso, Olimpia e VL Pesaro; Neven Spahija, tra le 9 nazioni conosciute da coach in carriera prima di arrivare alla Reyer Venezia, aveva già assaggiato la pallacanestro italiana a Roseto (Serie A 2004/05).
Ci sono poi coach formatisi totalmente grazie a impostazioni europee - chi figlio del basket slavo e balcanico (Milicic e Markovic), chi greco (Priftis) e chi, pur sudamericano, affine alla scuola ispanofona (Mandole). L'unica reale eccezione, per origini cestistiche, alla pallacanestro europea è il neopromosso Jamion Christian a Trieste, coach USA in tutto e per tutto che poche altre volte ha saputo amalgamarsi con la Serie A: ultimo in ordine di tempo, non casualmente a braccetto con l'attuale GM dei giuliani Michael Arcieri, è stato il Matt Brase di Varese.
Questa presenza massiccia di coach stranieri non è però da interpretare come il segnale evidente della decadenza della scuola cestistica italiana, anzi. In Eurolega Andrea Trinchieri, con uno staff a forti tinte azzurre a sostegno del suo lavoro allo Zalgiris Kaunas; Edoardo Casalone è primo assistente di Pierric Poupet all'ASVEL, Rick Fois lo sarà di Mike Brown su quella di Sacramento in NBA; in EuroCup ci sarà Alessandro Magro alla guida dei Wolves Twinsbet Vilnius; l'ultima FIBA Europe Cup ha mostrato il notevole cammino dell'ERA Nymburk, compagine della Cechia guidata da Francesco Tabellini.
Se il discorso del dover andare all'estero per valorizzare pienamente il proprio talento non valesse quindi solo per i cestisti italiani (Fontecchio, Melli, Procida, Spagnolo e, a capo dei collegiali, Della Valle gli esempi più freschi) valesse anche per i coach? Parzialmente: perché se è vero che il penultimo Coach of The Year di LBA, Marco Ramondino, ha vissuto l'esperienza da assistant coach in NBA Summer League coi Pistons e si appresta a ripeterla al Paris Basketball in Eurolega, il detentore attuale del Sandro Gamba Trophy non è stato confermato sulla panchina dove aveva conquistato il premio.
Quanto la "retrocessione" di Nicola Brienza - ora all'Acqua San Bernardo Cantù in A2, con limpide prospettive di ritorno dei canturini in LBA in vista - è stata determinata dal caso specifico del passaggio di proprietà di Pistoia e quanto dalle carenti garanzie che il sistema pallacanestro sa dare in termini di progettualità e programmazione tecnica?
In LBA il 50% dei coach sono italiani, se si considera la griglia playoff dell'ultima stagione si arrivava persino al 75%, i due finalisti sono stati Ettore Messina e Luca Banchi. Nell'attuale A2 tutti gli allenatori sono italiani, almeno una decina dei quali con potenziale impatto positivo in LBA se gli venisse assegnata all'improvviso una panchina. Il problema, quindi, è alla punta dell'iceberg. Ma è quella, in fin dei conti, che si vede di più e che attira (quasi) tutte le attenzioni.