Dalla spedizione nazionale all'alpinismo fast&light: K2, settant'anni... e sentirli
Sport Mediaset celebra il 70esimo anniversario della prima assoluta sul K2 con il docufilm “K2 - La Gloria e il Segreto" in onda mercoledì 31 luglio alle 21.05 su Focus (canale 35)
K2-70, sembra la sigla di un sottomarino della Seconda Guerra Mondiale, invece è un anniversario. Settant’anni dalla leggendaria prima assoluta della spedizione K2 Italia 1954 sulla seconda vetta del pianeta, sabato 31 luglio di sette decenni fa, appunto. Un anniversario che è quasi una contraddizione in termini: uno sguardo dietro alle proprie spalle ma lanciato laggiù (lassù in questo caso) per prendere slancio, rincorsa e prospettiva. In mezzo c’è - a nostro modo di vedere - un presente a due velocità: quello opportunamente ufficiale, giustamente commemorativo, e poi una contemporaneità che è fatta di azione spesso silenziosa, altrettanto opportunamente autoriferita e altrettanto giustamente concentrata su pensieri e gesti che vengono dopo l’azione stessa: in vetta, o meglio al ritorno al capo base.
Ripensare e celebrare al campo base del K2 un’impresa all’epoca di risonanza mondiale e ancora oggi orgoglio nazionale (ormai ben al di là di polemiche e retroscena che ne hanno a lungo avvelenato il senso), è anche un' imperdibile occasione per sottolineare la strada fatta dall’alpinismo cosiddetto di punta lungo gli ultimi settant’anni, fermarsi a riflettere sull’eredità nella differenza: che è di sostanza. C’è un filo rosso comune ed è quello dell’avventura, declinata nel contesto del presente. Quello della prima metà degli anni Cinquanta, legato alla ripresa e al riscatto dalla tragedia planetaria del secondo conflitto mondiale era legato alle grandi spedizioni nazionali, largamente basate su una mentalità ancora militaresca e su un impiego di mezzi ugualmente ereditato dallo stesso tipo di approccio.
Settant’anni dopo, lungo una rotta (o meglio, una via) che ha avuto nell’attività di Reinhold Messner il suo passaggio-chiave, ci piace sottolineare la chiara e attuale evoluzione che ha guidato e ancora oggi guida il nostro alpinismo. I cui migliori interpreti - da François Cazzanelli (in vetta al K2 il 28 luglio di due anni fa con la spedizione delle Guide Valdostane) a Matteo Della Bordella, da Simone Moro a Hervé Barmasse e Marco Camandona, solo per fare i nomi principali - hanno fatto tesoro di un passato carico di fatica, sacrificio e tradizione, rivestendolo di nuovo senso: lasciandolo indietro senza rinnegarne gli insegnamenti.
Tornando all’inizio, giusto celebrare sul posto - alla base della piramide del K2 - un anniversario che non è stato impreziosito dalla vetta per la spedizione femminile italo-pakistana, senza dimenticarci di sottolineare il valore altissimo dell’esperienza in quanto tale e della rinuncia. Al tempo stesso, è significativo rilevare come alcuni degli alpinisti italiani più forti del momento siano attualmente impegnati altrove.
Facciamo qualche esempio a nostro avviso esplicativo. Pochi giorni prima del settantesimo anniversario di K2 Italia 1954, Cazzanelli si è legato in cordata con l’aspirante guida Giuseppe Guidoni, firmando una performance alpinistica ma anche sportiva lungo la storica via Divine Providence sul Monte Bianco, toccandone poi la sommità e facendo ritorno a Courmayeur dopo quasi un intero giorno (23 ore e 45 minuti) di azione praticamente ininterrotta.
Proprio nei giorni che hanno preceduto la fatidica ricorrenza settantennale Camandona ha completato con Gasherbrum II e Gasherbrum I la sua collezione dei quattordici "ottomila" del pianeta (tutti scalati senza fare ricorso all'ossigeno supplementare, come si conviene), diventando il quarantunesimo essere umano capace dell’impresa (il ventesimo senza l'ossigeno supplementare) e l'ottavo italiano dopo Reinhold Messner (il primo a riuscirci in assoluto, contestazioni a parte, nel 1986-trentotto anni fa), Sergio Martini, Silvio "Gnaro" Mondinelli, Abele Blanc, Mario Panzeri, Nives Meroi e Romano Benet, mentre a Fausto De Stefani è stata contestata riuscita in vetta al Lhotse).
Il Ragno di Lecco Della Bordella da parte sua è attualmente impegnato in una spedizione multidisciplinare in Groenlandia, che prevede un lungo avvicinamento in kayak ad una parete vista solo in fotografia. Avventura, esplorazione, sport fuori dalla porta di casa oppure a migliaia di chilometri dalle Alpi. Da solo o in compagnia di un giovane collega (per poi tornare al lavoro - di guida! - il lunedì) o di tre compari francesi ed elvetici con i quali vivere un’immersione totale e anche un po’ hippy in un contesto ambientale e di isolamento che - settant’anni fa - era rappresentato da Himalaya e Karakorum, le catene montuose più possenti del pianeta.
Il K2 non è mai stato così lontano, così alto e così… altro. Così come lo inquadrano le straordinarie immagini realizzate dal pilota di drone Daniel Pezzani a 8993 metri di quota, quasi quattrocento metri al di sopra della vetta del K2: un vero e proprio record di altezza!
Il punto di vista di questa riflessione - occorre precisarlo - è quello della prospettiva attuale, destinata ad evolvere e cambiare da qui a… settant’anni magari, come lo ha fatto dal 1954 ad oggi. Solo le montagne restano le stesse. Il cambiamento climatico - per rimanere in un ambito familiare” a tutti - può solo vestirle diversamente, non renderle più o meno fascinose, emblematiche o misteriose. Il potere del cambiamento appartiene agli esseri viventi ed è guidato dall’istinto (per il mondo animale), dalla ragione invece per l’uomo e anche dal cuore.
Il resto sono numeri, celebrazioni, performance, numeri e sigle: K2-70, come l’identificativo di un sottomarino. Le profondità degli abissi (anche quelle della mente e dell’anima) che riemergono e riaffiorano sul pelo dell’acqua per scrutare - nel mirino del periscopio - le imprese di ieri e quelle di oggi. Da qui così simili e al tempo stesso incompatibili.