È stato necessario attendere novantasei anni, ma a Parigi le Fate della ginnastica artistica sono tornate a volare. Angela Andreoli, Alice d'Amato, Manila Esposito, Elisa Iorio e Giorgia Villa hanno riportato l'Italia sul podio olimpico nel concorso a squadre conquistando la medaglia d'argento alle spalle soltanto degli Stati Uniti. Impossibile battere la formazione guidata da Simone Biles, tuttavia le azzurre hanno dimostrato di poter riscattare il quarto posto di Tokyo 2020 confermando quanto già visto in qualifica.
"L'emozione è tanta. La mia Olimpiade non era partita bene, ho avuto dei problemi a una caviglia, ma sono riuscita farcela per eseguire l'esercizio alle parallele, e quelli sono momenti in cui mi sento libera, e sicura - ha raccontato ai microfoni di Ansa -. Siamo riuscite a fare qualcosa di unico , e lo dedico alla mia famiglia e al mio ragazzo (Yumin Abbadini, NdR), che mi sta vicino da due anni e fa il mio stesso sport e mi comprende. Di lavoro da parte nostra ce n’è stato tanto, questa medaglia è merito nostro e ne siamo orgogliose".
Grande emozioni soprattutto fra le più giovani come Manila Esposito e Angela Andreoli che, a soli diciotto anni, rappresentano le pedine più fresche della squadra composta da Casella: "Devo ancora realizzare di essere qui, figurati di aver vinto una medaglia, che comunque dedico alla mia famiglia. Ieri sera ho fatto veramente fatica ad addormentarmi, e adesso tremo ancora. Per fortuna che in gara abbiamo mantenuto la concentrazione fino alla fine - ha spiegato la ginnasta napoletana a cui ha fatto eco la collega bresciana -. Prima d'iniziare l'esercizio a corpo libero avevo ansia, perché sapevo che il mio esercizio poteva costare un gradino del podio, magari anche il più vicino alla medaglia d'oro. Le mie compagne sono venute tutte da me e mi hanno detto di divertirmi, e che comunque vada siamo alle Olimpiadi. Alla fine sono riuscita a fare un buon esercizio e a portare a casa una medaglia d'argento, che altro posso dire?".
Il segreto del gruppo rimane la coesione come sottolineato dal direttore tecnico Enrico Casella che, insieme al staff, sta lavorando da oltre vent'anni all'interno dell' "Accademia" di Brescia dove sono cresciute una serie di fuoriclasse come Vanessa Ferrari: "C’è tanto lavoro alle spalle, sono anni che lavoriamo assieme, dormiamo anche a turno con le ragazze perché hanno bisogno di assistenza: siamo come una famiglia, con dei principi sani e che ha saputo superare dei momenti difficili, e anche le sconfitte. Il bello è che anche se qualcuna di loro manca, com’è successo anche prima di venire qui, entra un'altra e ogni volta copre quel ruolo: oggi è come se avessero vinto tutte le mie ragazze"