Passaggi in cresta, traversi a perdita d'occhio in equilibrio tra due versanti, tratti attrezzati che fanno l’occhiolino allo skyrunning. Hey (ragazzi del) Team: non siate timidi! Altro che La Thuile Trail! Per due terzi della sua proposta, quello andato in scena sul versante wild del Monte Bianco o per meglio dire nelle sue immediate vicinanze è stato un vero e proprio festival a fil di cielo come si dice, ambientato in un settore delle Alpi che di solito fa da sfondo alla più tranquilla (ma non per questo meno impegnativa, sia chiaro) modalità trail del Tor des Géants che da queste parti passa e impazza nei primi giorni di settembre, poche ore dopo il suo chiassoso via da Courmayeur. Insomma, approccio sky in un teatro d’operazioni da modalità “passeggiatona” (non insinuo io, così definiscono il Tor alcuni degli stessi “giganti”). Certo, da skyrunner “dentro” (ma lento!) sono e resto orgogliosamente di parte. Però a me La Thuile ha fatto questo effetto e la prossima cosa da scrivere, prima di passare al racconto di viaggio, è che ora mi tocca pure tornare a LTH e alla sua sky mascherata da trail organizzata da Hey Team SSD a r.l. Beh, non sarebbe una novità, visto che qui sono stato più volte in un passato ancora recente, per quanto spezzato in due dall’emergenza sanitaria di ormai qualche anno addietro.
Mi muovo per tempo da Milano alla vigilia dell'impegno sportivo perché il Vallone di La Thuile non è esattamente dietro l’angolo e ho tutte le intenzioni di sbrigare presto e bene tutte le procedure pre-gara. Prendermi tutto il tempo che ci vuole, insomma, perché poi sabato di tempo bisognerà cercare di perderne il meno possibile. Giusto il tempo di parcheggiare la Kona e poi gambe sotto il tavolo per un ricco pranzo al Pepita Café, prima di andare in ricognizione al campo base di La Thuile Trail Memorial Edo Camardella in Piazza Cavalieri di Vittorio Veneto (zona partenza) e nel soprastante Parco degli Alpini (zona arrivo).
Pettorale e pacco-gara sottomano, saluto i ragazzi dello staff organizzatore e in particolare l’amico Gianluca De Cristofaro prima di dirigermi verso la frazione di Villaret (appena oltre la stazione di valle degli impianti) e prendere possesso della mia camera allo Chalet Eden. Prima di chiudere la giornata con un’altra ricca cena (gourmet, oserei dire!), decido di fare la tradizionale camminata motivazionale in zona: prima lungo i sentieri e poi lungo la pista da sci La Nuova che taglia la foresta e sbuca sul parterre d’arrivo degli impianti in località Entreves. Non bisogna dimenticare che a La Thuile fa tappa la Coppa del Mondo di sci alpino femminile e la nostra Federica Brignone da queste parti è difficilmente battibile. Identifico le bandierine rosse che all’indomani segneranno proprio qui la fine del sentiero e l’inizio dell’ultimo chilometro su asfalto, poi appunto metto la retro e buonanotte a tutti.
Di dormire come si deve prima della gara al solito non se ne parla, quindi in piedi prima del tempo e al campo base con largo anticipo. Quelli della prova Ultra da 70chilometri sono in azione già da un pezzo e qualche ora fa (alle cinque, già sveglio) li ho pensati al via con il frontalino acceso e un po’ di invidia… o forse no. Io ho scelto la Marathon "abbondante" da 44 chilometri e ho già il mio bel daffare a prenderne le misure.
Scattiamo mulinando i gomiti per un primo chilometro tra le case di La Thuile e lungo la sinistra orografica della Dora di Verney, poi un secco tornante a sinistra ci introduce al lungo traverso in salita - inesorabilmente continua - prima su sentiero e poi a tratti sulla strada sterrata che, tagliandone a volte i tornanti tra prati e alpeggi, porta al balcone panoramico delle baite di Youlaz, all’inizio del vallone omonimo. È l’unico tratto di gara che almeno in parte conosco, perché lo scorso mese di settembre - grazie agli amici di Karpos - ho assistito da queste parti al passaggio del Tor des Géants di cui alle righe iniziali, poche ore dopo lo spettacolo della partenza da Courmayeur. Certo, la direzione di marcia è opposta e stavolta non sono qui da giornalista ma - nel mio piccolo, si capisce - da protagonista. Fatto un rapido conto, direi che è meglio oggi!
La risalita del verdissimo vallone (incorniciato in alto dalla visione del Monte Bianco che spunta come un gigante himalayano) richiede un certo impegno ma siamo ormai sopra la linea di vegetazione e già questo mi mette di buonumore. Più di metà del menu di gara - mi pare di poter dire - viaggia al di sopra dei 2500 metri: skyrunning vero e proprio, come si diceva all’inizio.
Poco sotto la costruzione della ARP Viewing Platform si svolta gradualmente a sinistra per un traverso a mezzacosta che fa a sua volta da avvicinamento ad un colle in corrispondenza del quale affrontiamo il primo tratto sky: quello che risale a svolte continue il fianco del Mont Nix (la cui vetta supera di poco i 2900 metri), con tanto di tratti di roccette, di quelli che mi piacciono tanto: soprattutto dopo, quando sono a casa e ci ripenso oppure ne scrivo. È proprio da queste parti che (i primi uomini lo hanno fatto una mezz’ora fa) mi raggiunge e mi supera Fabiola Conti che vincerà la 70KM femminile.
Oltre ad essere in giro dalle cinque, loro (quelli della Ultra) hanno già messo in saccoccia l’intero percorso della prova Trail da 25 chilometri che completa la proposta di LTH 2024. La successiva discesa verso il Colle Berrio Blanc (2800 metri abbondanti) è uno dei passaggi panoramicamente più straordinari. Il versante italiano del Monte Bianco appare ora decisamente più imponente di un’oretta fa, al di là del solco della Val Veny. Approfitto della discesa acrobatica per guadagnare un paio di posizioni, poi via a velocità di crociera verso il Col des Chavannes (quota 2592), punto di ristoro e cancello orario (cinque ore dal via) che raggiungo con una cinquantina di minuti di vantaggio sulla sua chiusura. Non sono tanti ma in questa prima parte di gara abbiamo già coperto almeno 1500 dei 2500 metri di dislivello positivo del menu, quindi può andare.
Dopo l’ennesimo cambio di rotta e un passaggio attrezzato che aiuta a superare un piccolo nevaio abbarbicato in un punto leggermente esposto, ecco laggiù (ah no, lassù) all’orizzonte, già ben individuabile, lo snodo-chiave del Colle di Bassa Serra (bassa si fa per dire, siamo a 2740 metri di quota), "difeso" dai ruderi di una postazione risalente alla Prima Guerra Mondiale. Se ne raggiunge la base attraversando un altopiano pietroso con diversi guadi e campi di neve. Attacchiamo a questo punto a testa bassa un nevaio piuttosto ripido. Per nostra fortuna nella sua parte finale (che si impenna ulteriormente) gli organizzatori hanno tagliato una serie di gradini che ci facilitano il compito. Il passaggio mi ricorda da un lato certi passaggi d’alta quota di Livigno Skymarathon, dall’altro la scalinata di ghiaccio che - almeno quando l’ho risalita io - porta al Passo Telenek e al Monte Sellero nella Skymarathon Sentiero 4 Luglio. Ed ecco qui un'altra testimonianza del carattere sky di questa prova. Superato il nevaio, un bel traverso tagliato nella roccia viva (e affrontato tenendo ben salda nella destra la catena) porta al valico e alla casermetta di cui sopra.
Le cosiddette difficoltà sono in buona sostanza alle spalle ma non è certo il caso di abbassare la guardia, anche perché - sotto le suole delle mie collaudatissime Cascadia 17 by Brooks - di strada da fare ne rimane tanta: poco meno della metà dei chilometri. Si viaggia a lungo da un valloncello all’altro, in uno scenario d’alta quota che presenta qualche somiglianza con il teatro d’operazioni della Skyrace Valmalenco-Valposchiavo che mi attende la prima domenica dopo Ferragosto. Nei tratti più equilibristici in discesa su sfasciumi e terreno instabile riesco ad allungare il passo sui colleghi con i quali ho affrontato il tratto precedente.
Sbuchiamo così in vista della conca del Colle del Piccolo San Bernardo. Doppiato il Lago Tormotta (almeno credo, non ne ho memoria...), mi accingo a girare intorno a quello più grande di Verney, non dopo aver… richiamato all’ordine una collega che aveva mancato il bivio, tirando dritto… Per toccare lo storico colle e raggiungere il ristoro bisogna risalire un costone erboso bello ripido. Per fortuna dura poco e attraverso la cellula di cronometraggio del secondo cancello orario (nove ore dal via) con un vantaggio più che doppio (quasi due ore) rispetto a quello di Col des Chavannes. D’altra parte quello appena messo alle spalle era il tratto più adatto alle mie caratteristiche.
Lungo la discesa nel vallone mi raggiunge un collega di Abbiategrasso. Mi dice di aver “chiuso” due volte il Tor ma di essere un paio d’ore in ritardo sulla sua tabella di marcia di una precedente edizione di La Thuile Trail. Gli chiedo quanto manchi al traguardo: “Una quarantina di minuti”. Poi tira dritto e chi mi segue corregge: “Mah, ne abbiamo ancora per dodici chilometri e le salite non sono finite”. Decido che da qui in avanti tirerò i remi in barca. In fondo di questi tempi non ho nelle gambe una marathon intera fatta come si deve. Via per pascoli e mulattiere sassose, poi ci abbassiamo nel fondovalle. Sentiero nell’erba un po’ troppo alta. Cerco di spostarla al mio passaggio con i bastoncini: ho il terrore delle zecche. Cambiamo versante: dal sentiero alla mulattiera. Da un muretto a secco zampilla una fonte di acqua freschissima. Chi mi precede si limita a bagnarvi il cappellino e via senza fermarsi. Io invece mi attardo a bere ingordamente. In questo preciso istante per me il paradiso ha queste fattezze. Oltre il dosso nel bosco incrociamo la statale che da La Thuile porta al Piccolo San Bernardo e poi a Bourg-Saint-Maurice, in Francia. Di nuovo nella foresta. Il traguardo si avvicina ma non è il caso di mollare.
Riagguanto a questo punto Nicolò, che mi aveva superato una mezz’oretta fa. È in gara sulla Ultra (la sua prima ultra, mi dice) e stava andando bene, nei primi trenta. Poi lo stomaco gli è andato sottosopra: “Posso solo camminare, se accenno a correre mi viene da vomitare”. Beato te, io ora posso solo camminare anche con lo stomaco in ordine. La Thuile laggiù in vista. Ormai in zona piste da sci, corro dietro ad una famigliola in gita mancando un bivio. Per fortuna Nicolò mi fa un fischio e mi riporta sulla retta via. Tagliamo un paio di volte il tracciato della pista 3 Franco Berthod della Coppa del Mondo (la più ripida d’Italia, pendenze superiori al settanta per cento) ma lasciamo alla nostra sinistra il suo schuss finale che - noblesse oblige - resta più in alto e appartato rispetto al parterre principale di Petite Golette, dove terminano tutte le altre piste.
Rimettiamo piede sull’asfalto in corrispondenza del piazzale sul quale si affaccia il Planibel, hotel dove lo scorso inverno ho presenziato alla conferenza stampa di presentazione del Tor du Rutor di scialpinismo e dove - in passato - ho raccontato una serata di Marco Confortola e poi condotto una conferenza di Nico Valsesia con la partecipazione di Giovanni Storti del trio Aldo, Giovanni e Giacomo. Inizia proprio da qui il quarantaquattresimo e ultimo chilometro. Raggiunto da un paio di amici bikers, che gli sono andati incontro poco sopra e ora gli tirano la volata, il solito Nicolò mi affianca di buon passo: “Il finale lo voglio correre, a costo di rimettere l’anima”. Potrei approfittare del "gancio" ma perdo l'attimo e in fondo preferisco godermela e farla durare ancora un po'. Preferisco insomma continuare a passo di camminata: corro solo ormai in vista dell’arco del traguardo, a favore di obiettivi fotografici.
Poi mi stendo nel prato a tirare il fiato e fare quattro chiacchiere con l’amico Francesco che avevo conosciuto l’anno scorso alla Villacidro Skyrace in Sardegna e che ha terminato una ventina di minuti fa la prova Ultra… Birretta in mano, mi siedo sulla panchetta per un’altra bella chiacchierata, questa volta con l’amica Rosanna Cognetti che - insieme a Gianluca De Cristofaro, agli amici di Hey Team e al Consorzio degli Operatori Turistici di LTH - si è spesa molto da cinque anni a questa parte per convincermi che... La Thuile Trail s’ha da fare. Almeno una volta nella vita. A cose fatte mi snro di dire anche due o tre!
Dopo un’altra birretta mi avvio per una camminata defaticante verso lo Chalet Eden (la macchina è là ferma da venerdì pomeriggio e ci rimarrà fino a domenica mattina). Lungo la strada mi imbatto nell’amico Mau Scilla, organizzatore del Trail del Monte Casto (lui pure reduce dalla prova ultra) e ci diamo appuntamento per la sua gara (una bella classica autunnale) in programma domenica 27 ottobre ad Andorno Micca (provincia di Biella). L’ho già corsa due volte ma quest’anno voglio misurarmi sulla distanza marathon… Ormai ho deciso, e La Thuile me lo ha confermato: è il mio format preferito. Certo, sarò il caso di tentare una maratona stradale classica, prima o poi. Non ho settimane o mesi di tempo a disposizione per prepararla in modo specifico con tanto di tabelle (tantomeno la costanza necessaria) ma ricordo le parole di un giovane collega qualche settimana fa, dopo aver sentito me e l’amica Gloria conversare sull’argomento nel dopogara del Trail del Centenario Lovato di Foppolo, sotto l'ennesima bomba d'acqua, con l’acqua stessa che trafilava dalle cuciture del tendone direttamente nel mio piatto di costine e polenta: “Se fate queste gare qui, siete già più che pronti per la maratona”. Speriamo sia vero!