BASKET

Brooks, il nuovo cecchino di Milano: "Il tiro è la mia arma migliore"

Il tiratore dell'Olimpia arriva con la benedizione di una leggenda biancorossa: "Keith Langford mi aiuterà, è un modello di riferimento"

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Nella lunga intervista ai canali ufficiali, Armoni Brooks si è presentato ai tifosi dell'Olimpia così come descritto da chi lo ha conosciuto nelle esperienze precedenti. Da Kelvin Sampson a Keith Langford, tutti hanno speso solo elogi per la professionalità del tiratore di Waco. All'esordio in Europa dopo 5 stagioni tra NBA e G League, il 26enne ha raccontato il suo passato e immaginato il futuro a Milano.

HOUSTON COUGARS, PIÙ DI UNA SQUADRA DI COLLEGE

"Devo molto a Kelvin Sampson. I suoi allenamenti erano intensi, ma anche fuori del campo ha sempre tentato di costruire delle relazioni, veniva a parlarti per essere certo che stesse andando tutto bene. Così quando arrivava il momento dell’allenamento ti sentivi più parte di una famiglia che di una scuola. Ho cercato di assecondare il mio ruolo in una squadra molto forte. Ho ascoltato quello che l’allenatore aveva bisogno che facessi per vincere le partite e ho cercato di farlo al meglio. E poi partire dalla panchina ha i suoi vantaggi: ti permette di vedere come va la partita e di prepararti mentalmente per quando arriva il momento di entrare in campo. Ognuno di noi era responsabilizzato, ci motivavamo uno con l’altro. Questo ci ha permesso di vincere tantissimo. Nel 2019 un tiro ci ha condannato nel Torneo NCAA, ma è stata un’annata memorabile per la nostra scuola".

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IL CAMMINO NBA

"Non mi aspettavo di essere scelto, sono uscito dopo 3 anni scommettendo su me stesso. Sapevo di essere in grado di giocare nella NBA e mi serviva solo un’opportunità, che fossi scelto o meno. Volevo solo mettere il mio piede nella NBA e costruirmi una reputazione. Ci sono tanti fattori che influenzano la possibilità di avere un posto permanente nella NBA. Io ci sono riuscito per qualche tempo, ma non sono riuscito a spalancare definitivamente la porta".

LE SPERANZE A MILANO

"Sono contento di poter cominciare la mia carriera europea e di far parte di questa società. Non so bene cosa aspettarmi, perché non ho mai giocato qui; sto soprattutto cercando di comprendere le situazioni. La speranza è di integrarci in fretta e competere subito al massimo contro le altre squadre. L’allenatore non mi ha chiesto nulla di particolare, anche se sono sicuro che lo farà. Mi ha detto di essere aggressivo, di giocare con fiducia e duramente perché il resto verrà di conseguenza".

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IL RAPPORTO CON KEITH LANGFORD

"Gli ho mandato un messaggio in estate per dirgli che avevo firmato qui. Era superfelice. Mi ha detto che mi sarei trovato bene, mi ha dato dei consigli, sull’ambientamento. La scorsa estate ci siamo allenati qualche volta insieme. Mi ha dato delle dritte su come trarre vantaggio da determinate situazioni per me stesso e per la squadra. Adesso parliamo almeno una volta alla settimana, per me rappresenta un modello di riferimento. È una persona cui mi posso rivolgere quando ho bisogno di un consiglio, perché so che mi aiuterà". 

IL VALORE DEL PADRE E DELLA FAMIGLIA BROOKS

"Gli stavo incollato, tutto quello che volevo fare era andare in palestra, giocare a basket, tirare, poi tentare di schiacciare. Il basket è stato parte della mia vita fin da quando avevo un anno. Sono stato educato bene, provengo da una buonissima famiglia e ci sono tratti che mi hanno trasmesso, tipo l’attenzione per gli altri o l’importanza della famiglia stessa".

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L'EVOLUZIONE DEL GIOCO

"Al liceo, ero generalmente più atletico degli altri ragazzi e non avevo bisogno di tirare da fuori, ma quando sono arrivato al college ho trovato giocatori più alti, grossi, più veloci. Penso che in attacco debba imparare a leggere e reagire alle situazioni un po’ più velocemente. In difesa devo migliorare la consapevolezza delle situazioni lontano dalla palla, non concedere tagli alle spalle, aumentare la pressione quando difendo sul palleggiatore, non concedere angoli di penetrazione".

IL TIRO DALLA DISTANZA

"Non è un talento naturale, è qualcosa su cui ho lavorato, per ore e ore. L’ho davvero sviluppato nell’arco dei miei tre anni al college fino a farlo diventare la mia arma migliore. Ma voglio continuare a utilizzarlo, a lavorarci sopra, espandere il repertorio".

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