Caso doping: ecco perché la Wada rinuncerà al ricorso per Sinner
Un super esperto dei laboratori dell'agenzia antidoping a La Stampa: "La quantità di Clostebol? Un cucchiaino di caffè sciolto in una piscina"
Il capitolo non è ancora chiuso, ma è solo una questione di giorni. E, dicono, non dovrebbe preoccupare particolarmente il fresco vincitore degli Us Open, Jannik Sinner. Dicono è in realtà una persona in particolare, un super esperto dei laboratori dell'agenzia antidoping mondiale che, coperto da anonimato, ha fatto il punto sulla situazione a La Stampa. Chiarendo immediatamente una cosa: la Wada, alla fine, rinuncerà al ricorso. Il perché è presto detto: "La quantità di Clostebol - il farmaco vietato, ndr - è un cucchiaino di caffè sciolto in una piscina". Poca roba, per non dire proprio nulla.
E ancora: "Cinquanta picogrammi (la quantità riscontrata nelle analisi di Sinner, ndr) per millilitro di sangue. Un picogrammo equivale a un millesimo di miliardo di grammo, quindi parliamo della punta di un cucchiaino di caffè sciolta in una piscina olimpica". Vale a dire niente che possa essere definito doping banalmente perché l'assunzione è talmente ridotta da non portare ad alcun miglioramento delle prestazioni.
Perché allora la Wada indaga anche risultati così insignificanti? "Per scovare chi ha fatto uso anche molto tempo prima di questi anabolizzanti, magari gareggiando in Paesi dove di controlli antidoping se ne fanno pochi o niente. Mentre, nel caso di Sinner, che ha giocato a ritmo serrato in molti tornei internazionali è difficile non ci siano stati test nei due mesi che hanno preceduto la scoperta di questa contaminazione con il Clostebol".
Insomma, la Wada tiene aperti gli occhi per individuare eventuali violazioni, ma, restando al caso di Sinner, "si limiterà ad acquisire più documentazione possibile per far si che il caso del campione italiano non apra la strada a chi con i testosteronici si dopa davvero". Insomma, dovrebbe alla fine rinunciare al ricorso chiudendo definitivamente il caso.