Qual è la vera Inter? Quella bella, organizzata, agonisticamente feroce vista con l'Atalanta o quella lenta, compassata, poco lucida (parole di Simone Inzaghi) di Monza? Facile uscirne demandando la risposta ai prossimi due impegni contro City e Milan, due partite che certamente forniranno indicazioni in merito, con tanto di corollario su quali siano priorità e obiettivi stagionali dei nerazzurri, tra ambizioni Champions e volontà di riconferme interne. Ma già ora, con 180 minuti di anticipo, è possibile abbozzare una risposta. Non esaustiva di certo, ma bastevole per fotografare la stretta attualità. Ebbene, l'Inter di oggi è l'una e l'altra, è una creatura double face che in questa altalena concentra tutti i dubbi, i pensieri e, immaginiamo, anche le preoccupazioni di mister Inzaghi.
A Monza, è stato giustamente detto, non ha pagato l'ampio turnover. Vero, per lo meno in parte. L'Inter ha inziato il match con due centrali su tre "non titolari" (De Vrij e Carlos Augusto) e così lo ha finito. A centrocampo la stessa "proporzione" iniziale (Frattesi e Asllani per Barella e Calhanoglu) e al fischio finale (con Mkhitaryan sostituito da Zielinski e Asllani richiamato in panchina per Correa) ha chiuso la partita con un cambio di modulo che ha visto in avanti un tridente formato dall'argentino con Taremi e Arnautovic in campo al posto di Lautaro e Thuram. Barella e Calhnoglu hanno riposato, con loro pure Bastoni.
C'è quindi sicuramente materia per discutere sulla tenuta delle cosiddette "seconde linee", ma questo non toglie che quando Inzaghi parla di lucidità, leziosità e lentezza il riferimento non ricada solo su aspetti tecnici o tattici ma coinvolga anche, e a tratti soprattutto, quello mentale. Perché la lentezza di ieri sera prima ancora che fisica e parsa essere di pensiero e la leziosità e la poca lucidità non tanto boria quanto "intermittente" concentrazione.
L'Inter non è stata quel "martello" che sa essere se non nei primi 20/25 minuti in cui ha creato e sprecato e nella reazione finale che ha evitato la caduta. Una reazione che giustamente è stata sottolineata da Inzaghi. La mancanza di alcuni interpreti si è fatta sentire (si può rinunciare a Barella o Calhanoglu, ma non a entrambi insieme), l'appannamento di Lautaro ha inciso (il gol gli manca, il fisico è appesantito e la testa ne risente), per una sera anche Thuram non ha indossato il mantello di superman. Ma, tornando al punto più generale, il risultato finale è parso più figlio di un deficit attitudinale che non tecnico/tattico. E nel gap che intercorre tra la prestazione col Monza e quella contro l'Atalanta da cui si era partiti sta quella che può/potrebbe essere/sarà la stagione dell'Inter. Partendo proprio dai prossimi 180 minuti con City e Milan.