L'ANALISI

Folle? No, equilibrato. Ecco come Fonseca ha chiuso il casting

 Il 4-4-2 o 4-2-4 assorbe meglio la fase difensiva e migliora lo sviluppo di quella offensiva. Non sarà sempre proponibile, ma basta al tecnico per rilanciarsi e allontanare le ombre che gravavano sul suo futuro

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@Getty Images

Se c'è un solo tifoso del Milan, dirigenti compresi, che alla lettura delle formazioni non abbia pensato "stasera finisce in tragedia" alzi cortesemente la mano. La verità è che il canovaccio del derby sembrava perfettamente apparecchiato: allenatore all'ultima curva, avversario nettamente superiore e squadra iper-offensiva e sbilanciatissima (sulla carta, evidentemente) che prestava fianco e narrazione al de profundis di Paulo Fonseca. E invece, perché a volte l'imponderabile accade, tutto è stato tremendamente diverso e i telefoni, forse già pronti per contattare la nuova guida del Milan, sono stati giustamente spenti in attesa del prossimo esame. Già, perché il crash test del derby, che i rossoneri non vincevano dal 3 settembre 2022, un'eternità lunga sei giri, non solo è stato brillantemente superato, ma ha anche aperto prospettive interessanti sulla stagione in corso rilanciando le azioni, fino a ieri pomeriggio considerate carta straccia, di un allenatore bollato troppo facilmente come inadeguato. Da tutti: dai tifosi ai dirigenti fino alla stampa e, visto che sbagliando si impara, quando parliamo di stampa parliamo anche di noi. Miopi, stando a ieri sera, come chiunque altro.  

L'azzardo con cui Paulo Fonseca non ha soltanto vinto, ma dominato il derby, non è infatti il frutto della disperazione, ma la conseguenza di un lavoro logico lungo che lo ha portato a correggere nella notte più importante tutti gli errori che avevano fin qui accompagnato la squadra. Il 4-4-2 o 4-2-4 che dir si voglia (in realtà è solo la lettura differente dello stesso modulo) ha innanzitutto reso il Milan più compatto in fase difensiva e quindi meno aggredibile prima ancora di trasformarne, in maniera decisiva, la fase offensiva. Il punto focale, a nostro parere, è lo slittamento in avanti della costruzione del gioco. Senza registi puri, e con la difficoltà evidente di costruire dal basso, Fonseca non ha fatto altro che spostare la "regia" 20 metri più in là, saltando la prima linea di pressione (tra l'altro spesso letale parlando dell'Inter) e appoggiandosi a due centravanti mobili (Morata più basso di Abraham) e in grado di raccogliere palloni e smistarli. Il tutto in favore di giocatori da sempre in grado di rendersi pericolosi negli spazi come Pulisic e Leao (ancora in ombra, forse il meno convinto della nuova soluzione tattica) e favorendo gli inserimenti di Reijnders.

Questo giocare dietro le linee del centrocampo avversario con così tanti uomini ha mandato all'aria i piani di Inzaghi, abituato ad affrontare il Milan diversamente, e ha migliorato in un solo colpo tutte le individualità in crisi di cui lo stesso Fonseca aveva parlato dopo Liverpool. Emerson Royal ha sbagliato sul gol di Dimarco, ma è cresciuto stradafacendo; Tomori non sarà impeccabile, ma ha retto il confronto con Thuram; Theo non avrà spinto troppo, ma ha tenuto a bada prima Dumfries e poi Darmian e Gabbia, già il più positivo in passato, ha prima soffocato Lautaro e poi deciso la partita. Il tutto con l'aiuto di un Fofana che fenomeno non è ma cui, se stringi gli spazi, viene decisamente meglio il suo lavoro di copertura. 

Risolti tutti i problemi quindi? Troppo presto per dirlo, ma se c'era una strada percorribile, la strada è questa. E non è la strada della follia, come abbiamo tutti pensato, o dell'azzardo. E' la strada della logica, del fare con quello che si ha, del valorizzare quanto di buono c'è limando il più possibile i difetti. Quindi, mister Fonseca, ci scusi tanto e buon lavoro. Perché dopo qualche scivolone di troppo, per una volta aveva davvero ragione Ibrahimovic: "Gara decisiva per il tecnico? Assolutamente no". Già.

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