IL COMMENTO DI BRUNO LONGHI

Milan e Inter: tra voglia e presunzione una parità di classifica contrapposta

 Le milanesi, appaiate a 8 punti, escono dal derby con prospettive rinnovate e ribaltate

di
@afp
afp

Dopo cinque giornate di campionato Inter e Milan si ritrovano con gli stessi punti e (più o meno) con lo stesso numero di gol fatti e subiti. A prescindere da quelle che stanno davanti e in attesa che il tempo rimetta la chiesa al centro del villaggio, direi che rientra nella normalità della loro storia e del loro lignaggio vederle appaiate in classifica. O almeno così dovrebbe sempre essere, anche se qualche piano più in sù. Oggi sono dunque lì a guardarsi negli occhi e a provare a dare un senso a quegli 8 punti (pochi) messi insieme finora e la cui chiave di lettura sembra essere in chiara contrapposizione.

Perché l’ Inter, considerata all’unanimità “ l’imbattibile squadra da battere”, galleggia in una posizione di classifica ben al di sotto del suo standard abituale, mentre il Milan, messo continuamente sulla graticola dal dissenso anche dei suoi stessi tifosi, si ritrova, dopo aver vinto il derby, con prospettive che sotto l’aspetto psicologico inducono verso un realistico ottimismo. Ottimismo che invece sull’altra parte dei navigli sembra essersi leggermente incrinato.

Ora in casa rossonera c’è ciò che non c’era. E che pareva impossibile da reperire in breve tempo: un allenatore che conosce il suo mestiere, giocatori che se schierati nelle posizioni più consone alle loro caratteristiche sembrano valere i soldi che sono costati, un’idea di gioco innovativa in cui il modulo diviene camaleontico in base alla posizione di Morata e Abraham. Può essere 4-4-2, o 4-2-4 o molto più verosimilmente 4-2-3-1. Un modulo che in caso di necessità richiama Fofana al centro della difesa a tre, permettendo a Hernandez di affiancare i centrocampisti.

Ma oltre a tutto ciò - che è teoria da riprodurre sulla lavagna dello spogliatoio - il Milan ha dimostrato finalmente di avere la voglia matta di essere più forte di quello stesso avversario che per 6 volte consecutive l’aveva messo al tappeto e talvolta irridendolo pure. Lo ha dimostrato Pulisic, quando in avvio di partita ha insistito su quella palla gestita pigramente da Mkhitaryan, tramutando in gol un’azione che in altri tempi, e in altre partite, sarebbe stata gestita dall’avversario senza l’ombra del minimo disturbo. Lo ha dimostrato Gabbia, quando ha messo la morsa ai puledri dell’attacco nerazzurro e ancora di più quando ha avuto la sfrontatezza di andare in cielo per far uscire il suo Milan dal limbo di un pareggio che prima della gara gran parte della tifoseria avrebbe sottoscritto.

Il Milan ha voluto vincere. L’Inter, invece, ha soltanto creduto di poterci riuscire per la settima volta consecutiva. Il solito Dimarco più di tutti. Ma non è stata all’altezza delle sue potenzialità, che rimangono intatte se gestite con il giusto mix di umiltà e concretezza. Le scorie della sfida di Manchester e l’inconscia presunzione di essere comunque superiore ne hanno condizionato l’atteggiamento, ne hanno limitato la voglia. Indispensabile per centrare qualsiasi obiettivo a maggior ragione in questo campionato in cui tutte le rivali si sono rafforzate.

Non mi dilungherei più di tanto su Lautaro (i gol li ha sempre fatti e ancora li farà), ma mi preme ribadire quanto l’Inter non possa prescindere dal suo trio titolare di centrocampo. A Monza c’era il solo Mkhitaryan e sappiamo come è finita. Col Milan la partita ha cambiato completamente canovaccio quando i tre sono stati richiamati in panchina. A Manchester c’erano tutti. Frattesi e Asslani sono ottimi giocatori. Ma un conto è inserirli a risultato acquisito o in un contesto tattico che ne richieda l’impiego (Frattesi va benissimo a fare l’incursore). Ben diverso è farli ruotare perché l’obiettivo di questa stagione è o sarebbe, come sento dire, la Champions. Ma la Champions possono programmarla solo il Real Madrid o il City. Gli altri debbono limitarsi a sperare che la ruota della fortuna e degli episodi giri a loro favore. Non è un caso se nelle ultime 25 edizioni solo 3 volte le italiane l’hanno vinta: il Milan (2 volte, ma era super Milan) e l’Inter di Mourinho. E la percentuale è del misero 12 per cento. La Champions è la ciliegina di oro puro, il campionato la torta. Il Milan di oggi vi può ambire, l’Inter, quella in formato originale, ha comunque qualche chance in più. A prescindere da come è finito il derby.

Notizie del Giorno
dalla spagna

In Spagna sono sicuri: Vicinius vincerà il Pallone d'Oro 2024

INTER

Inter, il segno meno sulla quarta stagione inzaghiana: mai partenza tanto frenata

DIFESA SUPER

Juve, la difesa è imperforabile: si punta al record di imbattibilità del Cagliari (712')

DALLA SPAGNA

Dal ritiro al Barcellona, Wojciech Szczęsny potrebbe sostituire Marc-André ter Stegen

separato in casa

Mario Rui fa causa al Napoli: vuole il reintegro in rosa