Ci sono due precedenti che, spulciando nel passato, possono preoccupare Sinner dopo il ricorso della WADA. Protagonisti due sciatori di fondo norvegesi: Therese Johaug e Martin Sundby, autentici numero uno che hanno pagato in modo diverso- ma sempre con un inasprimento delle squalifiche- le loro violazioni Entrambe, come quelle di Sinner, involontarie.
IL CASO JOHAUG: SEMPRE COLPA DEL CLOSTEBOL
Nel settembre 2016, Therese Johaug, la migliore sciatrice nordica norvegese, risultò positiva al clostebol, la stessa sostanza ritrovata nel sangue di Sinner negli scorsi 10 e 18 marzo. Dichiarò che la sostanza proveniva da un unguento chiamato Trofodermin, usato per curare le labbra bruciate dal sole sulle nevi italiane di Livigno. L'unguento era stato fornito dal medico del team Fredrik Bendiksen, che non si era accorto della presenza della sostanza vietata. Bendiksen spiegò che era distratto per un problema medico di sua moglie, per il ricovero in ospedale di un altro atleta e per la preparazione di una conferenza stampa. Accettando la piena responsabilità, presentò le sue dimissioni.
Il Comitato Olimpico Norvegese sospese l’atleta per 13 mesi nel febbraio 2017, ma la Corte Arbitrale per lo Sport- accogliendo il ricorso WADA- estese la sua sanzione a 18 mesi, impedendole così di partecipare alle Olimpiadi invernali del 2018. “Ho il cuore spezzato-disse la Johaug in una conferenza stampa- Penso di essere stata trattata ingiustamente. Andai da un esperto che mi consigliò questo unguento, gli chiesi se la crema fosse nella lista doping. Mi disse di no.”. Nel dispositivo del TAS/CAS si leggeva questo passaggio: “Dopo aver esaminato la questione e ascoltato le parti in causa, il gruppo di arbitri ha osservato che Therese Johaug non ha effettuato un controllo di base della scatola, che non solo elencava una sostanza proibita tra gli ingredienti, ma anche un chiaro avviso di doping. Tali omissioni hanno portato a una violazione della regola antidoping in contrasto con il suo record di controlli pulito. Tuttavia, per garantire l’uguaglianza nell’applicazione delle regole antidoping, il gruppo di esperti ha sottolineato che era obbligato ad applicare una sanzione proporzionale, in linea con il livello di colpa. Per questo motivo, il gruppo di esperti ha osservato che, in una situazione del genere non grave, il codice antidoping della Wada del 2015 fornisce una sospensione tra i 12 e i 24 mesi e determinato, nel presente caso, che un periodo di ineleggibilità di 18 mesi a partire dal 18 ottobre 2016 fosse più appropriato”.
IL CASO SUNDBY: GALEOTTO IL VENTOLIN
Un altro caso è quello dello sciatore di fondo norvegese Martin Johnsrud Sundby, che perse i suoi titoli di Coppa del Mondo e del Tour de Ski 2015 a causa di una violazione di doping. Il TAS di Losanna lo sospese per due mesi accogliendo il ricorso della WADA contro il FIS Doping Panel, che aveva di fatto perdonato. Sundby era risultato positivo a due test per presenza di salbutamolo, un farmaco che usava per curare l'asma. I test si erano svolti durante le gare di Coppa del Mondo a Davos (dicembre 2014) e a Dobbiaco, il mese successivo. Il farmaco viene normalmente applicato da un inalatore portatile con dose metrica: l’atleta aveva usato un nebulizzatore (il classico Ventolin) che fece superare la dose massima consentita. L’antidoping della FIS aveva stabilito che Sundby non aveva violato le regole antidoping astenendosi da ulteriori azioni. A seguito dell'appello della WADA, il TAS ribaltò la decisione perché Sundby non aveva ottenuto un'esenzione per utilizzare una dose più alta. Di conseguenza, i risultati di Sundby negli eventi di Davos e Dobbiaco furono cancellati.
Tuttavia, il CAS lo punì con una sospensione più breve di quella generalmente prevista poiché "c'era una giustificazione medica per l'uso di salbutamolo da parte dell'atleta": La federazione norvegese rimborsò comunque Sundby del premio in denaro (circa 130.000 dollari) perso per la decisione del TAS.