Non avrebbe senso dare un senso alla classifica della nuova Champions dopo solo 180 minuti. Ma poiché siamo a un quarto della regular season, si può affermare che - risultati alla mano - Juventus e Milan rappresentano al momento i due poli opposti del calcio italiano in Europa. Quella di Thiago Motta, reduce dalla colossale impresa di Lipsia, è l’unica nostra squadra tra le prime otto. Quella di Fonseca l’unica tra le ultime otto. E l’Inter? Sembrerebbe ottava a parità di punti, di gole di differenza reti con il Manchester City. Ma in realtà, avendo gli inglesi vinto in trasferta a Bratislava, il regolamento la pone alle loro spalle.
A prescindere da questa puntualizzazione, la seconda giornata di Champions si è chiusa mandando in archivio ben 58 gol in 18 partite, e le sconfitte sorprendenti di Real, Atletico e Bayern. Ma soprattutto ci ha regalato la sontuosa vittoria della Juventus: sotto di un gol e di un uomo, ha ribaltato il risultato contro il Lipsia, formazione di ottimo livello.Doveroso sottolinearlo. Vlahovic ha risposto per le rime e in maniera regale al rivale Sesko, Chico Conceicao si è regalato un gol che solo Maradona o Messi, tanto per intenderci, avrebbero avuto la sfrontatezza di segnare in quella maniera e in quel momento così delicato della partita. La Juventus ha vinto quando pareva avesse irrimediabilmente perso. Ci ha creduto. Fino alla fine. Il Lipsia ha fatto l’esatto contrario. Purtroppo gli infortuni capitati a inizio gara a Bremer e Nico Gonzalez non fanno che confermare quanto le coppe possano pesare sulle squadre che vi partecipano. Vero Napoli ?
La Juventus ha vinto in Germania. Il Milan vi è stato sconfitto. A Leverkusen ha mostrato solo nella seconda parte di gara quello che - per blasone -dovrebbe sempre essere il suo standard europeo. Non è stato fortunato nelle conclusioni e nelle decisioni arbitrali, ma le sofferenze patite fino al vantaggio tedesco di Boniface, debbono indurre a una seria analisi sul perché la squadra di Fonseca abbia mostrato due volti ben diversi tra loro. Se sei inferiore -come accaduto contro il Liverpool - è dignitoso accettare sportivamente la sconfitta. Ma se non lo sei, diviene autolesionismo lasciare per lungo tempo all’avversario il comando della partita.Il Milan, come ricordato sopra, è tra le ultime della classe. Posizione deprimente assolutamente da migliorare nella prossima abbordabilissima gara di San Siro con il Bruges, perché poi - il 5 novembre - sarà notte di gala al Bernabeu contro i merengues di Carletto Ancelotti.
L’Inter non ha incantato. Al di là delle iperboli sulla prestazione di Taremi, ha battuto la pungente Stella Rossa, grazie a due palle inattive - magica punizione di Chalanoglu e rigore ottenuto da Lautaro e realizzato dal compagno iraniano - e agli errori della inconsistente difesa serba. Ha vinto, ed è ciò che conta, risparmiando pure fatiche supplementari a tanti titolari. Ma ha riservato alla nuova Champions lo stesso trattamento che veniva dato negli anni Sessanta alla Coppa delle Fiere. Competizione propedeutica, a quei tempi, per dare spazio a quelli che non giocavano in campionato
L’Atalanta - per dirla alla maniera di Vujadin Boskov - è squadra “copetera”. Che trova nelle partite di stampo internazionale il suo habitat naturale. Come accadeva alla Samp negli anni ’90, quelli dello storico e unico scudetto. Contro lo Shakhtar ha dato spettacolo ribadendo la legittimità del suo titolo di campione dell’Europa league. Il Bologna è invece uscito battuto dalla sfida con il Liverpool. Ma a testa alta e con la consapevolezza di aver onorato con una degnissima prestazione il battesimo di Anfield.