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L'Inter è nel G8 europeo: va bene così, per ora. Ma il risultato non cancella gli interrogativi

La vittoria contro lo Young Boys tra poche luci e tante ombre: le seconde linee non bastano ancora

© Getty Images

L'Inter è nel G8 di Champions e questo è un dato di fatto: il pareggio col City e la vittoria con la Stella Rossa prima, il successo contro lo Young Boys ora, valgono il rispetto della tabella di marcia. Un altro clean-sheet, poi: tre partite in Europa e zero gol subiti. Altro dato di cui far tesoro. Tenuto conto che le prossime tre saranno, in successione, con Arsenal e Lipsia (a San Siro) e Bayer (a Leverkusen) bene così. E' quindi facilmente comprensibile l'importanza del gol di Thuram al 93esimo sul sintetico di Berna: dà ragione ad Inzaghi, o per lo meno sgrava l'analisi interna dal peso del disappunto per quello che ormai pareva essere un pareggio gravido di rimpianti e rimorsi.

Eppure, se si pensa alle parate di Sommer, ai salvataggi più o meno disperati di Pavard&Co, al palo colpito da Monteiro e ad almeno un altro paio di conclusioni degli svizzeri finite sul fondo di poco, si capisce che da analizzare c'è molto. Andando al di là del risultato. E tra i tanti, c'è un dato che ci pare debba fara riflettere. Lo Young Boys ha calciato verso la porta nerazzurra 20 volte: un record per i "Giovani Ragazzi" elvetici, che si saranno pur ripresi col cambio di allenatore ma restano pur sempre decimi in campionato e mestamente penultimi nel listone di Champions. Eppure, per intensità, applicazione, corsa ma anche tecnica a Berna per lunghi minuti è parso azzerato il gap tra le due squadre. Basta l'abitudine al "prato sintetico" a motivare il tutto? No! Può contare, certo, ma non basta. E le assenze nerazzurre? Contano, eccome. Ma al netto degli infortunati (Calhanoglu su tutti) anche l'ampio e comprensibile turnover non giustifica i passaggi a vuoto del primo tempo e le pericolose ripartenze concesse nella ripresa. Le "seconde linee" nerazzurre dovevano bastare e avanzare, insomma. Ma così non è stato: per raddrizzare la serata ci sono voluti Dimarco, Lautaro, Thuram e mettiamoci pure Bastoni. Di buono c'è che sono stati sufficienti una ventina di minuti, poco più poco meno, di impiego, tanto da non vanificare il progetto inzaghiano di una serata di "recupero". Ma resta comunque, assieme alla preoccupazione per il numero crescente di infortuni, ancora una altrettanto preoccupante sensazione di incompiutezza. Il risultato, si diceva, aiuta riflessioni pacate e ragionate. E non è poco, anzi. Pur tuttavia non assolve il gruppo nerazzurro da una serata che, va chiaramente riconosciuto, poteva inopinatamente concludersi in maniera diversa. A tutto vantaggio dei padroni di casa, per essere chiari. Insomma, domenica a San Siro contro la Juve, anche quella messa nettamente sotto dallo Stoccarda, servirà altro.

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