È fin troppo facile chiedersi quale sia la ratio dietro all'ormai prossimo passaggio di consegne tra Carlos Sainz e Lewis Hamilton, come molti fanno in queste ore, con una provocazione da quattro soldi alimentata dal volitivo weekend messicano (su questo non ci sono dubbi) dello spagnolo in uscita da Maranello e destinato a un verosimilmente amaro esilio a Grove, Oxfordshire, la Williams insomma. La realtà è che il sacrificio di Carlos a favore di sir Lewis si spiega e si giustifica in molteplici modi, tra i quali i sette titoli a zero a favore di Hamilton non è nemmeno quello principale. Geopolitica, business, opportunità di varia natura e suggestioni legate al rapporto tra la Scuderia con la S maiuscola e il campione più vincente di sempre, a pari merito con Michael Schumacher. Tutto vero e tutto logico. Sembra però di intravvedere nella staffetta tra lo spagnolo e... l'epta-iridato l'esigenza della Ferrari stessa di portare finalmente e compiutamente allo scoperto il potenziale di Charles Leclerc: una necessità che il confronto tra il monegasco e Sainz non ha mai completamente esplorato e "stimolato" e che non era più rimandabile.
A nostro modo di vedere (e solo così), Leclerc ha sofferto e continua a soffrire (Mexico City docet) la scomoda coabitazione con Sainz, che ha sostanzialmente battuto in quattro stagioni di confronto diretto, sia nel conto delle vittorie (sei a quattro, con punteggio tennistico) che nelle classifiche di fine stagione (a fatica) ma che appunto non ha mai surclassato. Come era forse lecito aspettarsi dal troppo frettolosamente (e superficialmente) definito come il "predestinato", magari a prendersi l'eredità del suo prossimo compagno di squadra, finita invece coppe e trofei nella bacheca di Max Verstappen. Proprio perché più "costruito" dal lavoro (su una indubbia base di talento e di condizioni "familiari" favorevoli), Sainz ha tenuto testa a Leclerc molto più del previsto, anche se non soprattutto a livello di tenuta mentale, sfoggiando un trend molto lineare, contrapposto agli alti e bassi del compagno di squadra. Leclerc insomma ha sofferto Carlos.
Non solo. Mettiamola così: che abbia (avuto) la meglio su Sainz in gara o che abbia (avuto) la peggio, non ha fatto granché differenza nella caratura di Leclerc, nel giudizio su di lui. Che riesca a volgere a suo favore la sfida interna con Hamilton o che ne rimanga schiacciato (difficile), Charles ha comunque tutto da guadagnare, e la Ferrari altrettanto. Sarà un pieno "raso" di autostima nel primo caso, un importante bagaglio di esperienza nel secondo.
A definire meglio la portata di entrambe le situazioni sarà poi la competitività della Ferrari nel 2025 e oltre, se cioè la Rossa del prossimo anno e le sue eredi saranno monoposto da titolo. L'importante è che il confronto con Hamilton restituisca il vero valore di Leclerc. Anche perché la Formula1 non dorme mai e i campioni del domani bussano ormai alle porte del paddock e in almeno un paio di casi sono già al volante, e non solo per le prove libere del venerdì.