Dei tanti protagonisti dello straordinario avvio di stagione della Dolomiti Energia Trentino, oggi prima in LBA Serie A senza aver mai perso, c'è sicuramente il coach che l'ha costruita. Paolo Galbiati, allenatore brianzolo di appena 40 anni, alla seconda stagione sulla panchina dell'Aquila. Di seguito le sue parole in esclusiva ai nostri microfoni.
Giocate una pallacanestro ad alto ritmo, lasciando spazio al talento dei vostri giocatori: da dove nasce la sua idea di basket? Da chi ha preso ispirazione, che sia un coach oppure una squadra?
"È frutto di tanti anni di prove, di studio, di chiacchiere. Sicuramente il mio primo e più grande maestro è Luca Banchi, che è una persona a cui sono legatissimo cestisticamente. L’anno insieme a Matt Brase mi ha aiutato a pulire alcune idee e a sistemarle, perfezionarle. Però è una sommatoria di cose. Mi piace molto l’NBA, mi piace guardare, leggere e studiare. Veramente una commistione di pallacanestro".
Anche l’anno scorso eravate partiti molto bene, poi avete avuto un calo: quale errore non dovrete più commettere per restare costanti?
"Intanto speriamo di non avere tutti gli infortuni che l'anno scorso ci hanno falcidiato. Sicuramente è un gruppo diverso, un po' più giovane, quindi speriamo di avere freschezza. Stiamo lavorando sul cercare di mantenere i minutaggi dei giocatori abbastanza contenuti, di non avere mai nessuno sopra i 30’. Poi chiaro che ogni partita fa storia a sé, qualcuno ogni tanto ha sforato il minutaggio che ci eravamo prefissati, però fa parte del gioco e del voler vincere sempre. Poi ci sono situazioni di falli e piccoli acciacchi, però gli alti e bassi sono fisiologici per squadre costruite come la nostra con tanti ragazzi giovani che devono fare un percorso, crescere, a volte anche schiantarsi aiuta a migliorare".
Ford-Cale-Lamb: i tifosi sognano con questo trio. E lei?
"Io lo alleno quindi sono fortunato, lascio i sogni agli altri. Ogni tanto fanno disperare, ogni tanto fanno divertire. Al di là delle battute, tutto il gruppo sta molto bene assieme. Abbiamo la fortuna di avere ragazzi più o meno della stessa età, pochi hanno famiglia, quindi tendono a passare tanto tempo insieme non solo in campo, ma anche fuori".
Cosa le dà Toto Forray in campo e anche fuori dal campo?
"Tutta la sua esperienza. Fuori è quasi un allenatore aggiunto, perché ha personalità, coraggio, voglia di dirmi la sua. Ci ho fatto delle belle chiacchierate. In campo chiaramente non è più il ragazzino che abbiamo visto andare giù su e giù facendo impazzire tutti quanti: dobbiamo limitarne il suo uso per cercare di averlo sempre più brillante possibile. Ci dà tanto a livello di esperienza, finché le gambe lo sorreggono è molto importante. Dovremo essere bravi di partita in partita a gestirlo e usarlo nei momenti giusti".