OGGI CON MOMBLANO

Cuore tifoso Juventus: il lato divertente in vista del Bayer Leverkusen

La prima vera Juve dell'epoca Sarri è stata quella di Brescia

Mi era capitato di commentare la formazione che sarebbe di lì a poco scesa in campo contro la Spal come la formazione più spinta, tecnica, hipster e social della storia moderna della Juventus. Più ancora di quando Allegri andò a sfidare all'improvviso il mondo con il 4-2-3-1, con Dani Alves e Cuadrado dalla stessa parte in due epiche partite contro il Barcellona, con Manduzkic esterno, con Dybala sottopunta e togliendo Pjanic dalla posizione di puro vertice basso. All'epoca il grande cambiamento fu vissuto e deciso per oggettiva necessità e di fatto l'esperienza finì con Cardiff, anche se i correttivi in stile tradizionale erano già venuti per la doppia semifinale. Qui è un altro discorso: la prima vera Juve dell'epoca Sarri (lasciamo stare il fattore-gioco per adesso) è stata quella di Brescia, con quattro nuovi arrivi più Higuain rientrato contro ogni pronostico alla base schierati dal primo minuto. E poi oltre, fino a Juve-Spal - prima partita vinta poi dai bianconeri con più di un gol di scarto in stagione - che segna un nuovo passo (in avanti o a lato ce lo dirà il futuro prossimo tra Champions League e scontro al vertice in Serie A) proprio a partire dalla formazione di base. Per quanto figlia anche, ma non solo, delle forzature portate dalle assenze.

Analizziamola per coppie: Buffon e Bonucci, il punto storico di congiunzione con i due cicli precedenti che poi sono un unico ciclo; Cuadrado e Matuidi, potenziali esuberi e comprovati centrocampisti utlizzati fin qui con matrice prevalentemente offensiva, sugli esterni bassi; Pjanic e Khedira, la coppia appunto che poi scoppia a Cardiff, la strana cerniera che ci ha fatto sognare pur restando un mistero su come potesse reggere a determinati livelli senza particolari supporti proprio nella zona nevralgica del campo; ed eccoli allora, Ramsey e Rabiot, i due parametri zero, i gemelli molto diversi, fermi entrambi da mesi, per portare a quattro il rombo degli uomini intorno alla linea mediana; quindi, infine, Ronaldo e Dybala, che non sono soltanto l'immaginario sportivamente più erotico del tifoso della Juve quando deve pensare alle grandi giocate in attacco, se solo funzionassero davvero insieme... (dimenticando che la miglior gara 2018/19 della Juve fu a Manchester proprio con loro due davanti...).

Manca ovviamente un uomo. E non a caso chi avanza è Matthijs De Ligt: se funziona il suo inserimento, questa Juve che ha in Chiellini un padre spirituale e nulla più può giocare molto con gli uomini (Sarri pare ben intenzionato, dopo un inizio conservativo spiegato benissimo nelle prime uscite da Martusciello) e può avere equilibrio anche nello squilibrio ideale che potrebbero portare scelte sempre più volte alla freschezza delle giocate, alla qualità generale, alla verticalizzazione prepotente. Se De Ligt si diverte - termine e costume molto caro al nuovo tecnico - è altamente probabile che si stiano divertendo almeno altrettanto tutti gli altri in campo. Il lato frizzante della nuova Juve si è intravisto nella ripresa contro la Spal: portiere inoperoso, la palla a terra sugli scudi, situazioni su situazioni, campionario di giocate e la benedetta palla negli spazi. Così ci piace, in fondo qualche partita sporca la si è già vinta o comunque non la si è persa. Inevitabile che ce ne saranno altre. Anche se contro il Bayer Leverkusen è già di nuovo ora di pensare ai tre punti, perché sennò anche il divertirsi può diventare un problema.

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