ATLETICA

Giacomo Leone torna a New York per vedere la Maratona dove vinse 28 anni fa

Intervista esclusiva all'ultimo vincitore italiano ed europeo nella 42,195 km della Grande Mela

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Domani 3 novembre, giorno della 56esima edizione della New York Marathon, saranno passati esattamente 28 anni dalla prima domenica del 1996 in cui Giacomo Leone vinse quella gara sulle strade della Grande Mela, ultimo atleta maschile italiano e anche europeo a essere riuscito nell'impresa di affermarsi nella 42,195 km più famosa del mondo, senza dimenticare però che a livello femminile l'ultimo successo azzurro fu nel 1998 a opera di Franca Fiacconi, che si impose nella manifestazione il primo di novembre.

Leone, che tagliò quell'anno da vincitore il traguardo cosi come riuscì a Orlando Pizzolato nel 1984 e 1985 e a Gianni Poli nel 1986, è sempre stato un atleta predisposto per le gare su strada, pur avendo corso anche tante volte in pista su 5.000 e 10.000 metri, debuttando di fatto nella sua prima maratona nel 1991, a soli 20 anni nel corso delle Universiadi di Sheffield, e correndone complessivamente nella carriera agonistica 25, di cui 18 concluse e 2 vinte, quella di New York e l’ultima corsa a Parabita in Puglia nel 2008 sulle strade di casa sua.

Leone, che detiene un personale sui 42,195 km di 2h07'52 realizzato a Otsu in Giappone il 4 marzo 2001 e fu anche primato italiano, torna quasi tutti gli anni a New York per accompagnare alcuni atleti amatori della sua regione Puglia che vogliono provare l'esperienza unica della maratona nella Grande Mela.

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Giacomo domani 3 novembre ci sarà la Maratona di New York, esattamente lo stesso giorno di 28 anni prima in cui vi fu il tuo trionfo. Quanto ti emoziona ancora oggi questo ricordo anche considerando che come spesso accade sei presente a vedere la gara?

"Ritornare a New York è comunque sempre una grossa emozione in quanto riaffiorano i ricordi di una grandissima vittoria, però ogni anno c’è qualcosa di speciale con qualche ricordo in più da portare indietro".

Quella storica vittoria giunse inaspettata o pensavi di poterla ottenere?

"Sicuramente è stata super inaspettata perché ero uno dei tanti e non accreditato per la vittoria, ma poi negli ultimi chilometri le gambe giravano a mille ed è giunta quella splendida vittoria".

Dopo aver smesso la carriera agonistica non hai mai pensato di partecipare ancora una volta alla gara, solo per l’emozione di ripercorrere i luoghi della tua straordinaria impresa, un po’ come fece Stefano Baldini nel 2019 ad Atene sul percorso della sua vittoria olimpica?

"Dopo la vittoria del 1996 ho gareggiato da agonista ancora nel 1999 giungendo quarto per appena 20 secondi, dopodiché non ho più corso a New York perché ho sempre preferito competere in giro per il mondo. Sinceramente una volta smessa l'attività non ci ho mai pensato ma chissà, magari al 30º anno dalla ricorrenza di quella vittoria nel 2026, potrei indossare ancora una volta le scarpette per correrla in mezzo al pubblico".

Quel giorno a New York hai scritto una pagina indelebile nella storia dell'atletica italiana. Può essere definito il più bello della tua carriera?

"Sicuramente è stato un momento bellissimo della mia carriera, però sono convinto che il punto più alto della mia carriera sia stato nel 2001 quando ho ottenuto il record nazionale, e li a mio avviso sono entrato di diritto nella storia dell’atletica italiana".

Sei stato l'ultimo italiano ma anche europeo a vincere nella più famosa maratona del mondo. Che caratteristiche tecniche servono per affermarsi in questa competizione?

"Credo che la cosa più difficile sia il sapersi adattare a un percorso di gara molto duro e difficile che non ti dà mai respiro e poi, al momento opportuno, negli ultimi chilometri andare all’attacco per cercare di giocarsi al meglio le proprie carte senza nessuna tattica speciale, come accadde a me".

Quando hai ottenuto il tuo miglior crono in carriera di 2h07'52 nel 2001, che è stato anche record italiano, il primato del mondo era di 2h05'42. A tuo avviso i grandi miglioramenti cronometrici degli ultimi anni, specie a livello mondiale, dipendono solo dalle diverse calzature o sono cambiati i metodi di allenamento?

"Non occupandomi di allenamento non posso esprimermi sull'argomento tecnico, ma ritengo sia acclarato da tutti come l’utilizzo delle calzature di nuova generazione consentano circa un 3% in meno sulle prestazioni, per cui se devo anche pensare a me che correvo poco sotto le 2h'08, sono convinto che avrei potuto realizzare un crono intorno alle 2h04".

Tu sei sempre rimasto nel mondo dell'atletica, 8 anni consigliere federale, 8 anni presidente della Fidal Puglia. Cosa ti ha spinto verso una carriera nel mondo della dirigenza sportiva piuttosto che in quella di tecnico?

"Diciamo che mi è sempre piaciuto la parte organizzativa della federazione nel nostro mondo. Sono stati 16 anni splendidi da dirigente sportivo, prima come consigliere e poi come Presidente in Puglia, dove ho sempre cercato di portare la mia esperienza maturata nel corso degli anni da atleta nel campo dirigenziale, per cercare di far crescere il nostro movimento".

C’è una persona in particolare che vuoi ricordare, che abbia segnato il tuo lungo percorso di vita nel mondo dell’atletica?

"Sicuramente Piero Incalza, mio amico, mio tecnico mio motivatore, mia guida nell’atletica leggera, colui che è riuscito a trasformare una 500 in una Ferrari".

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

"Dopo la mancata candidatura alla presidenza federale ho deciso di prendermi una lunga pausa dal mondo della dirigenza sportiva che ha assorbito quasi tutto il mio tempo libero fuori dal mio lavoro in Polizia di Stato. Non so quanto questa pausa potrà durare, se un anno o di più, ma ho voglia di godermi la vita in un altro modo e tengo a precisare che non ho più nessuna aspirazione futura per la dirigenza della Fidal".

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