Non tutte le spedizioni alpinistiche riescono... con la vetta, specialmente se si svolgono sulle montagne più alte del pianeta, ma non resta di certo l'amaro in bocca se ad addolcire l'"insuccesso" è un'azione meritoria e di altissimo valore etico. È quello che è successo nel caso della spedizione delle Guide Alpine della Valle d'Aosta sull'inviolato Kimshung (6781 metri), nell'Himalaya nepalese. Proprio mente si accingevano a dare il via dopo la necessaria fase preparatoria e di acclimatamento (durata un intero mese) al cosidetto summit push, François Cazzanelli e i suoi sei compagni hanno prontamente e senza la minima esitazione messo da parte il loro obiettivo sportivo per rispondere ad una chiamata di soccorso ad altissima quota da parte di alcuni loro colleghi. Alpinisti ma prima ancora Guide, i "nostri" hanno così mancato l'appuntamento con la miglior "finestra" di bel tempo possibile. La spedizione valdostana è quindi avviata alla conclusione senza aver raggiunto l'obiettivo finale (le condizioni meteo per i prossimi giorni non promettono nulla di buono) ma questo tipo di eventualità fa appunto parte del "gioco" e si verifica tutt'altro che raramente in alpinismo (soprattutto in quello himalayano). Senza dimenticare che - per chi di mestiere fa la Guida Alpina - la risposta affermativa ad una richiesta di soccorso e l'entrata in azione - oltre che un obbligo, morale e non solo - rappresentano esse stesse una conclusione "naturamente" positiva.
Ci sono spedizioni che ti consentono di puntare a raggiungere vette ancora vergini di passaggio umano e altre che si trasformano in vere e proprie missioni di soccorso. I sette alpinisti valdostani, partiti il 7 ottobre scorso alla volta del Nepal, sono prima stati rallentati e fermati dal maltempo, poi chiamati a partecipare alla ricerca di colleghi in difficoltà. I due tentativi sull’Himalaya per provare a raggiungere i 6781 metri del Kimshung non sono quindi andati a buon fine ma la spedizione su avvia al suo epilogo con un bilancio comunque positivo a livello di esperienza e sul piano umano.
Venerdì 1 novembre, mentre François Cazzanelli, Giuseppe Vidoni e Jérome Perruquet lavoravano agli ultimi preparativi per l’ascesa tanto sognata, è arrivata una richiesta di soccorso sul vicino Langtang Lirung, dove da diversi giorni era impegnata una cordata di alpinisti. Le guide alpine valdostane (oltre all’alpinista tedesco David Göttler e allo svizzero Nicolas Hojac) hanno così immediatamente messo da parte le proprie ambizioni, attivando i protocolli di ricerca. François Cazzanelli, Roger Bovard, Jérome Perruquet e Giuseppe Vidoni si sono spinti lungo il ghiacciaio del Lirung, probabile via di discesa della cordata; Francesco Ratti e Stefano Stradelli si sono recati al campo base da cui erano partiti gli alpinisti dispersi per stabilire un contatto con i compagni di spedizione, provando ad agevolare le comunicazioni che fino a quel momento erano incerte, così come erano sconosciuti luogo e dinamica dell’accaduto. Emrik Favre e il fotografo Damiano Levati hanno invece perlustrato la parete con strumenti fotografici, individuando la zona dell’incidente grazie ad alcuni reperti ben visibili.
Ha inoltre provato ad alzarsi in volo anche un elicottero, che ha recuperato lungo il tragitto Emrik Favre per un sorvolo, purtroppo non andato a buon fine per l’arrivo delle nuvole basse e del buio che hanno costretto anche agli uomini di terra di fare rientro. Nel tardo pomeriggio l’intero gruppo è sceso al villaggio di Kyangi Gumpa per coordinare le eventuali operazioni di soccorso del giorno successivo, ma uno dei due alpinisti è riuscito a raggiungere la squadra dei soccorsi, rimasta a disposizione per ulteriore aiuto, senza più intervenire: i superstiti hanno deciso di proseguire in totale autonomia.
In precedenza la spedizione italiana aveva tentato altre due vie, dividendosi in altrettante squadre. Ultimata la fase di acclimatamento, iniziata il 14 ottobre con la prima salita e il trasporto del materiale al C1 a quota 5.400, François Cazzanelli, Jérome Perruquet, Francesco Ratti e Giuseppe Vidoni hanno provato a raggiungere il Kimshung, mentre Stefano Stradelli, Emrik Favre e Roger Bovard sono partiti lungo la via del Kimshung Sar.
Primo tentativo Kimshung
Partenza alle 2 del 27 ottobre, in 4 ore e mezza la cordata ha raggiunto la base della parete a circa 6.000 metri. Un tratto caratterizzato dal freddo pungente e dalla neve polverosa, con gli alpinisti chiamati a battere la traccia. Dal crepaccio terminale le quattro guide alpine hanno percorso otto tiri di ghiaccio con difficoltà classiche, raggiungendo il piccolo colle tra la punta centrale e la punta Nord del Kimshung (cima principale). Da lì le condizioni meteo sono peggiorate drasticamente a causa dell’innalzamento di forti raffiche di vento. La cordata ha percorso ancora due tiri di misto raggiungendo la quota di 6550 metri, per poi decidere di rinunciare e iniziare la discesa. Con dieci calate in corda doppia, gli alpinisti hanno rimesso piede sul ghiaccio del Kimshung, sono passati al C1 per depositare il materiale, per poi proseguire verso il campo base, raggiunto alle sette di sera.
Arète Des Amoureux, Kimshung Sar
Scelta differente per Favre, Stradelli e Bovard. L’itinerario scelto è diverso, con l’idea di tentare la salita per la cresta Sud della cima più bassa delle tre presenti nel massiccio del Kimshung. Hanno raggiunto il C1 il 26 ottobre, per partire alle 2 insieme ad altre cordate. Hanno subito affrontato un pendio ripido (50°) innevato, fino a 5800 metri di quota circa. Raggiunta la cresta, la via è proseguita su un terreno di neve misto roccia, aggirando alcuni gendarmi e continuando sulla cresta che ha portato gli alpinisti a una punta prevalentemente innevata e più accentuata. Dopo un lungo tratto di saliscendi, il tratto più impegnativo, con diversi punti esposti e neve di consistenza differente, a volte anche instabile. Alle due del pomeriggio la cordata ha raggiunto la cima rocciosa del Kimshung Sar, a 6305 metri di quota. Dopo un’attenta valutazione i tre alpinisti hanno deciso di evitare l’ultimo tratto di cresta che porta alla cima, a causa della pessima qualità della neve e delle grandi cornici pendenti.
A quel punto è iniziata la discesa sulla via utilizzata all’andata, fino a quota 6000 metri, per poi dirigersi lungo un canale esplorato a vista nelle prime ore della mattinata. Con circa 8 corde doppie e dopo 19 ore di scalata, i tre professionisti hanno raggiunto il ghiacciaio e in breve tempo il campo avanzato a quota 5400 metri. La salita presentava difficoltà alpinistiche di AI3/4+ ed è stata battezzata “Arète Des Amoureux” in onore di Elisa Arlian e Jean Daniel Pession, scomparsi la scorsa estate sulle montagne della Val d’Ayas.
Verso la conclusione della spedizione
"Eravamo pronti a calzare gli scarponi e partire quando è arrivato il messaggio di SOS: siamo tutti soccorritori e nessuno di noi ha avuto dubbi su come procedere. Ci siamo dunque messi a disposizione e siamo partiti in missione. È chiaro che ci dispiace, anche perché la giornata era fantastica e l’occasione era ghiotta, ma non potevamo essere indifferenti alla richiesta di aiuto. Siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto, non è la prima volta che una spedizione si conclude così. Un grande peccato per la prima vetta, eravamo quasi in cima, ma siamo stati avvolti dal vento, che non ci ha permesso di proseguire".
Le previsioni meteo dei prossimi giorni sono poco favorevoli. Sono attese prima abbondanti nevicate e poi vento forte. A meno di un difficile cambio dei bollettini, la spedizione non avrà più giornate a disposizione per effettuare un nuovo tentativo.
La spedizione è stata supportata da Cva, una delle più importanti realtà italiane nel settore dell’energia green e da La Sportiva, brand italiano leader a livello internazionale nella produzione di calzature e abbigliamento tecnico outdoor.