Jannik Sinner ha raccontato a Esquire UK come è venuto a sapere della positività al clostebol, con una telefonata da parte del manager Alex Vittur. Sinner era nel suo appartamento a Montecarlo. "Jannik, sei positivo". Divertita, in un primo momento, la risposta dell'altoatesino. "Sì Alex, io sono sempre positivo". "No, sei positivo al doping". In quel momento gli è crollato il mondo addosso: "Ho avuto un momento di buio totale, non sapevo cosa dire. Non mi usciva nulla. Ho cercato subito di capire come fosse potuto accadere, perché non avevo fatto assolutamente nulla. Non volevo nemmeno crederci. Mi sono sentito perso. Ancora oggi non lo capisco".
Sinner ha anche raccontato i momenti di angoscia e paura: "Non potevo parlarne con nessuno, non potevo sfogarmi né chiedere aiuto. Tutte le persone che mi conoscevano e mi guardavano giocare capivano che c'era qualcosa di sbagliato in me - ha confessato il campione altoatesino -. Notti insonni, perché anche se sei certo della tua innocenza, sai che queste cose sono complesse. A Wimbledon, in campo, ero bianco e avevo paura. E anche dopo il mio sentimento nei confronti della gente era di paura. Andai ad allenarmi a Cincinnati e pensavo: Cosa pensano veramente di me? Ho capito chi sono i miei veri amici".
Il numero 1 al mondo ha spiegato l'importanza di rivolgersi a uno psicologo. "Accettando me stesso sono maturato, mi capisco di più. Può sembrare sciocco, ma conoscere se stessi è fondamentale. Ci ho lavorato molto con il mio psicologo sportivo Riccardo Ceccarelli. A volte perdevo le partite perché spendevo tante energie: sono iniziati i crampi, il disagio. Ma quando ho iniziato ad ammettere di aver sbagliato, ho fatto piccoli passi avanti. Nel gioco, per me è più facile: dimentico l'errore con facilità. In allenamento, invece, cerco subito di migliorare. Questo è sbagliato".