CRISI DA RECORD

Crollo City, Guardiola: "Fine di un'era? La gente lo vuole, lo so da tanto tempo"

L'allenatore catalano si ritrova in una situazione inedita nella sua carriera di tecnico che dura dal 2007

© Getty Images

Prima poi doveva succedere. Non si può rimanere invincibili per sempre. Pep Guardiola fa i conti con la sua umanità scoprendosi normale dopo una carriera di allenatore, iniziata nel 2007 con il Barça B, piena di soddisfazioni e trofei. Non gli era mai successo di perdere 4 partite di fila. Un incubo diventato realtà dopo la rimonta del Brighton, seguita alle sconfitte in Coppa di Lega, a Bournemouth in Premier e con lo Sporting Lisbona in Champions. 

"Lo sport non è sempre sole. Non è sempre momenti buoni. In conferenza stampa mi è stato chiesto se questa è la fine di un'era. So che la gente lo vuole. Lo percepisco da molti, molti anni. Dobbiamo cercare di vincere di nuovo, dobbiamo cambiare le cose rapidamente. Il calendario sarà difficile, ma ciò avverrà quando i giocatori torneranno. Al momento non siamo in grado di mantenere il massimo livello per 90 minuti". Gli alibi ci sono e non sono pochi. Innanzitutto sarebbe da folli pensare che una squadra possa dominare per 9 stagioni di fila. Da quando è arrivato al City Guardiola ha disputato 8 Premier, vincendone 6. Ha lasciato le briciole al Chelsea, il primo anno in cui è arrivato in Inghilterra, quando ancora doveva abituare la squadra ai suoi metodi e sé stesso al calcio britannico, e al Liverpool nel 2020 (l'anno della sospensione per il Covid). Questa è la sua nona stagione e, nonostante tutto, è secondo in classifica a cinque punti da un Liverpool schiacciasassi in Premier e in Europa, e in piena corsa in Champions, a quota 7 (sempre a meno 5 dai cannibali Reds, anche in questo caso dominatori solitari, addirittura a punteggio pieno nella competizione).  

Ci sono poi altri fattori da valutare. Per esempio la campagna acquisti, limitata al solo Savinho dal Girona, condizionata dalla spada di Damocle della sentenza relativa alle violazioni del Fair Play Finanziario, e cessioni (basti pensare all'addio di Julian Alvarez). In più, si sono aggiunti gli infortuni in ruoli chiave. Quello di Rodri su tutti, ma non va dimenticato che De Bruyne ha iniziato a fare qualche apparizione a partita in corso solo nelle ultime due gare. Contro il Brighton non erano disponibili nemmeno Dias, Stones, Doku, Grealish, Aké e Akanji, costringendo Guardiola a dover mettere in campo, per la seconda volta dopo Lisbona, il diciannovenne Jahmai Simpson-Pusey al centro della difesa. Rico Lewis e Matheus Nunes non sembrano all'altezza di una squadra con le ambizioni del City, mentre Kovacic, Gundogan e Bernardo Silva hanno già dato il loro meglio in carriera. Al momento solo Foden e il bomber da record Haaland, che con il gol al Brighton ha stabilito il nuovo primato di 75 reti in 77 partite nel campionato inglese, sembrano in grado di tenere in piedi la traballante baracca del City attuale. 

I dubbi sul futuro di Guardiola, a cui scade il contratto a fine stagione, possono essere un ulteriore motivo di confusione all'interno dell'ambiente, anche se nulla è deciso né si può immaginare una futura destinazione di Pep, visto che le mete più probabili, come la Nazionale inglese (che ha già scelto Tuchel) e quella brasiliana (che ha smentito un interesse per il catalano) non sono più possibilità concrete.

Resta il fatto che, qualora finisse la stagione senza titoli, nessuno potrà togliere dall'Empireo della storia del City e del calcio mondiale l'esperienza a Manchester di Guardiola, capace di realizzare qualcosa che difficilmente potrà essere eguagliato nel corso degli anni futuri. 

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