Tra i fattori più trascurati nell'orgia commentatoria della domenica catalana che ha fruttato a Jorge Martin il titolo della MotoGP c'è stato (anzi, NON c'è stato) il fattore-campo: Barcellona al posto di Valencia, il Circuit de Catalunya al posto del Ricardo Tormo, un autodromo per così dire old style e un kartodromo "gonfiato". A pensarci bene infatti lo spostamento forzato del "rematch" tra il neocampione e Francesco Bagnaia a causa della DANA che ha colpito la sede originale ha permesso a Jorge di blindare ulteriormente e mettere in cassaforte il suo primo titolo nella premier class. Storicamente infatti lo scenario valenciano (non per niente da tempo scelta obbligata dell'Organizzatore Dorna per la resa dei conti, non solo nella MotoGP) è il più... adatto all'ultima rappresentazione stagionale e lo sarebbe stato anche nel weekend centrale di novembre che ci siamo lasciati alle spalle.
Pista come detto sopra dalle caratteristiche molto particolari, quella di Valencia: sede stradale stretta, un solo vero e proprio rettilineo, medie orarie relativamente basse. Difficile insomma fare la differenza, andare in fuga, sfuggire alla modalità-trenino, con duelli ravvicinati e alta possibilità di contatti più o meno controversi e potenzialmente... letali. Il tutto "adagiato" dentro un anfiteatro naturale caldissimo, in tutti i sensi. Una sorta di Colosseo motoristico e il contesto ideale per tendere un agguato, per il colpo di scena, per cadere in trappola, gettando alle ortiche il lavoro di un anno intero. Tutto già visto in passato.
Niente di tutto questo invece: smarcate le insidie della prima staccata dopo il via e dell'assestamento dei primi due giri di gara, negli ampi spazi "autostradali" di Barcellona Martin - come da lui stesso con sollievo ammesso ai microfoni - ha potuto gestire e gestirsi, facendo ben presto gara solitaria, largamente al riparo da insidie e imprevisti indipendenti dalla propria volontà o anche solo dal caso.
Un occhio ai due là davanti (Bagnaia e Marquez) ma non troppo, la coda dell'altro alle sue spalle, con l'ulteriore atout dell'amico fraterno Espargaró a fare muro e proteggergli le spalle (anche in questo caso per ammissione di Aleix) ma a distanza di sicurezza, permettendo così a Martinator di viaggiare in una sorta di comfort zone, al riparo dalla "garra" degli inseguitori, vogliosi di chiudere su una nota alta la loro stagione. A Valencia, un minimo svarione di Jorge gli avrebbe potenzialmente catapultato addosso i vari Bastianini, Marquez, Binder, Morbidelli e Bezzecchi, con tutti i rischi del caso!