Bye bye... Brabham, Stewart, Lauda, Piquet e Senna, fatemi spazio Prost e Vettel! Con il quarto titolo piloti messo in cassaforte grazie al quinto posto di Las Vegas, Max Verstappen pareggia il "Professore" francese (campione del mondo 1985, 1986, 1989, 1993) e il collega tedesco che lo ha preceduto nel firmare il poker iridato consecutivo tenendo il toro per le corna (nel senso della Red Bull) tra il 2010 e il 2013, prima di riprovarci (senza successo) con altri colori e sotto altre insegne, nel caso di Seb la Ferrari dal 2015 al 2020. Una missione "voltapagina" che molti invocano ora per Max, come se quattro titoli consecutivi non fossero abbastanza, come se schierarsi al via nel 2025 con la Red Bull attuale non fosse già una grande sfida e soprattutto ignorando una delle pietre miliari del motorsport, a firma Senna: "Il pilota migliore deve guidare la macchina migliore". Quantomeno se la merita, aggiungiamo noi, pensando al quarto gioiello della corona dell'olandese.
Il fatto (sotto gli occhi di tutti) è che quest'anno Verstappen NON ha guidato la monoposto migliore del lotto. Dopo aver rischiato di essere travolto e smembrato dall'Hornergate di inizio stagione, il team che ha dominato dal 2021 al 2023 è stato rimontato e superato in pista da McLaren fin dalla primavera, poi dalla Mercedes (nel cuore dell'estate) e infine dalla Ferrari tra la fine della stessa estate e l'inizio dell'autunno. A Max va il merito di aver fatto da collante e unico punto di aggregazione di un team arrivato a un passo dall'implosione e abbandonato senza ripensamenti anche dal genio Adrian Newey. Vincendo finché è stato possibile farlo, limitando i danni dove (e soprattutto quando) non era più possibile fare altrimenti, fino alla svolta della straordinaria vittoria di San Paolo del Brasile, con la quale l'olandese ha tramortito la concorrenza McLaren (e in particolare Lando Norris), riducendo la tonalità papaya ad una pallida nuance del suo vivido orange.
Per dirla tutta, il quarto sigillo by Verstappen ha una connotazione molto particolare, tutta sua e nell'innegabile senso di una marcata discontinuità rispetto a quelli precedenti e alla storia stessa della massima formula. Max ha conquistato il titolo al volante di una monoposto che solo nei primi GP dell'anno (quando però il team era squassato all'interno e mantenere il focus era tutt'altro che facile) è stata la più veloce del gruppo e in seguito - come detto sopra - la seconda, la terza e a tratti anche la quarta forza in pista. Sono rari, nella storia del Mondiale, i precedenti specifici.
Non ci sono criteri certi per stabilirlo o affermarlo, a noi però viene da paragonare l'ultima (per ora) impresa iridata di Verstappen con quella..., mancata (!) ormai più di trent'anni fa da Senna, ancora lui. Nel 1993 Ayrton (occorre ancora ribadire che "Magic" vinceva anche quando perdeva?), lottò lungamente per il titolo al volante di una McLaren-Ford nettamente inferiore (in modo crescente con il passare dei gran premi) rispetto alla Williams-Renault "attiva" di Alain Prost, quell'anno per la quarta volta campione come Verstappen oggi, a proposito di... circolarità della storia. Peraltro con un indimenticabile successo sotto l'acqua a Donington paragonabile come portata a quello di inizio novembre di Verstappen in Brasile... E viceversa, intendiamoci!
Tornando alle prime righe, Senna avrebbe a quel punto "rivendicato" (e ottenuto) per sé la Williams stessa in vista del fatale 1994. Max non ha questa pretesa: scommette di nuovo su se stesso, è pronto a riprovarci con un team inequivocabilmente giunto (mesi fa!) al capolinea del secondo ciclo vincente della propria storia. Riuscirà a lanciarsi subito all'attacco della "manita iridata" di Juan Manuel Fangio, prima di scegliersi un'altra strada? Tempo al tempo e - intanto - a Max quello che è di Max!