Può una conferenza di fine anno di un quarantaquattrenne dirigente greco catturare l'attenzione dell'intera pallacanestro europea? Se il soggetto in questione è Andreas Zagklis, segretario genarale di FIBA, e il tema principale del dibattito è il sempre maggiore interesse di NBA verso il mercato europeo, allora la risposta è sì.
© IPA
Che NBA guardi con intenzioni "bellicose" la situazione delle competizioni per club nel Vecchio Continente, è cosa risaputa. Così come Eurolega non abbia fatto sinora il possibile, nel presentarsi come interlocutore credibile nella mediazione con FIBA, NBA e le leghe professionistiche nazionali. Così Zagklis, nelle dichiarazioni riportate in primis su The Athletic, su quali siano le gerarchie nel dialogo di NBA con le istituzioni europee: "Questa domanda dovrebbe essere posta prima di tutto alla NBA. C'è un chiaro interesse da parte americana, e ci sono colloqui con FIBA. Fa parte del nostro lavoro, abbiamo conversazioni aperte anche con persone nel board di Eurolega. FIBA ha sempre un approccio schietto: vogliamo contribuire allo sviluppo del nostro sport, ma anche preservare il sistema. Dobbiamo rispettare l'esistenza dei campionati nazionali. Abbiamo un panorama ben sviluppato di competizioni nazionali e squadre nazionali, che garantisce il professionsimo a 500-600 atleti. Non chiamerei il progetto "NBA Europe", perché "NBA Europe" è qualcosa di già esistente (così sono chiamate le gare di regular season giocate a Londra o, come avverrà anche nel 2025, a Parigi, ndr), ma è qualcosa che è nei nostri piani. È nostro dovere avere discussioni serie con tutti i partner".
© IPA
Il sempre più teso rapporto FIBA-Eurolega trova ulteriore riscontro anche nelle opinioni di Zagklis riguardo l'ampliamento delle vedute, economiche e di conseguenza cestistiche, di EL: "Non posso commentare le Final Four, perché non c'è ancora la conferma ufficiale che si giocherà ad Abu Dhabi. Il basket in Europa non ha attinto pienamente alle sue risorse: non sto puntando il dito contro nessuno, è solo un dato di fatto. Credo che FIBA abbia dimostrato le sue intenzioni di aprire nuovi mercati in Europa, prima di guardare ad altro. Voglio dire, ci sono molte città nell'Europa centrale e occidentale che non stiamo tenendo in considerazione. Non siamo a Roma, o in altre grandi città d'Europa. Questa dovrebbe essere la nostra preoccupazione quando parliamo dei piani di FIBA. Non abbiamo in programma un'espansione, ma se dovesse succedere spero che avrà un impatto significativo sugli stipendi di tutti i giocatori. Se e quando ciò accadrà, avrò altro da dire".
© IPA
Quello su cui, purtroppo, FIBA ed Eurolega sembrano parlare la stessa lingua è la dispersione del talento europeo in sempre più tenera età. C'entra l'introduzione del NIL (acronimo di Name Image Likeness, meccanismo di retribuzione di alcuni studenti-atleti tramite donazione di sponsor legati al singolo college, ndr) nel panorama del basket universitario americano, così come una regolamentazione sempre più limpida in caso di transazioni tra NBA e giocatori professionisti di Eurolega (vedasi i casi Micic, Vezenkov e Yabusele). Sempre Zagklis: "Quando si parla di NBA, da un lato c'è un contratto collettivo e un salario prestabilito, sicuramente corrisposto; dall'altro i giocatori devono ottenere i documenti di autorizzazione da FIBA e la clausola di rilascio dai contratti vigenti in Europa deve essere pagata. Ogni volta si tratta di capire se il giocatore riesce a coprire in autonomia il resto del pagamento previsto dal buyout o se viene negoziata in anticipo una clausola più bassa. Qualche anno fa è stato messo in vigore un nuovo contratto collettivo, ora ci troviamo in una posizione migliore rispetto a prima".
"Quando invece parliamo di NCAA, questa è una preoccupazione crescente. In NCAA ci sono oltre 1600 atleti, equamente divisi tra maschi e femmine, che provengono da tutto il mondo. La situazione in cui si trovano i club che hanno contribuito a formarli in età preuniversitaria non è buona: non vengono compensati nel modo giusto. Va anche tenuto presente che oggi sempre più giovani vanno negli Stati Uniti non per istruzione, ma per soldi. Non dobbiamo comunque ostacolare lo sviluppo dei nostri giocatori. Lavoreremo in modo approfondito e spero che avremo qualcosa di nuovo in primavera".
Un'immagine abbastanza desolante, dove le logiche puramente economiche e di mercato determinano a cascata tutto il resto. Anche quando dovrebbero contare solo il parquet, un paio di retine e la palla a spicchi. Negli Stati Uniti, in Europa e ovunque nel mondo.