A immaginare non ci si azzecca mai. E proprio quando ritieni di conoscere quasi tutti gli ingredienti della ricetta, il risultato è sorprendente. Ossia molto diverso dalle aspettative. A volte incredibilmente migliore, ma appunto diverso. A immaginare i primi venti minuti di Inter-Juventus, si è portati a immaginare l’impatto tipico di Antonio Conte nei big match casalinghi: assalto a tutto campo, palla su palla, uomo su uomo, possibilmente due uomini su ognuno, contrasti, ritmo, anticipi, ripartenze, giocate memorizzate. Sempre che la Juve faccia il gioco che lui prevede. E qui viene il bello: il quasi di cui sopra (lo trovate nella seconda frase di questo scritto) coinvolge Maurizio Sarri. Nella semplificazione calcistica è lui la variabile di questo Inter-Juventus, l’elemento da decifrare, che poi in realtà è la squadra, come si proporrà sul campo, con quali mansioni e quali intenzioni, con che tasso di voglia di sfidare l’Inter sul “suo” terreno oppure sparigliare da subito.
I primi venti minuti. Come li giocherà quindi la Juventus? Pressione alta, giocate veloci e verticali per giocare la fase offensiva più volte possibile contro la difesa nerazzurra non schierata, accompagnata in tutto questo dalla linea difensiva “più estrema di quanto facessimo all’Ajax” (parola di De Ligt dopo il Bayer Leverkusen)? Sarà quindi un’Inter che cercherà la cosiddetta palla sopra la testa dei centrali bianconeri? E Conte dove manderà Lukaku, contro il giovanotto o contro Bonucci che è meno stopper fisico? E’ una trappola? Sono questi i venti minuti da evitare a tutti i costi? E cosa dovrebbe allora chiedere Sarri alla sua Juventus? Di approcciare in modo ragionato e ragionevole, attenta alle distanze tra gli uomini e soprattutto attenta a non farsi saltare nel primo pressing dei centrocampisti? O la trappola è proprio portare l’Inter alla gara di “chi cala fisicamente meno, vince la partita” che pare essere un tema caro al Sarri convinto di costruire un calcio costante nel tempo ed efficace proprio quando gli spazi si creeranno naturalmente?
Nessuno può saperlo. Ma i primi venti minuti di Conte li ricordano in tanti. Mazzarri, Luis Enrique, Zeman, Benitez, Del Bosque, Hiddink soltanto per citarne alcuni. Così come in tanti ricordano molto bene gli ultimi minuti di alcune Juve di Allegri. Di Sarri sarebbe bello ricordare un po’ tutto. Gli impatti con le partite, magari facendo a San Siro subito meglio di quanto fatto contro Brescia e Verona, ma anche solo meglio rispetto a Firenze e alle due gare di Champions League. I grandi finali di gara che contengono sempre qualcosa di eterno quando riescono con il buco. Il tutto, però, il tutto. Il tutto-partita. Resistenti, convinti, dominanti, sicuri, lucidi, cinici, spettacolari. Aggiungete voi gli aggettivi che mancano. Ed ecco perché per Sarri è meno facile di quanto già fosse difficile per i suoi predecessori (con l’unica eccezione proprio del Conte del primo anno da allenatore bianconero). Perché non esiste, in fondo, una cosa che lo juventino non gli chieda. E Inter-Juventus non passa mai inosservata, a meno che non finisca che i due tecnici - che mai si sono incontrati da avversari, e che sempre si sono rincorsi nelle due rispettive carriere - finiscano per annullarsi. Non lo immagineremmo mai.